Il lato fresco del cuscino

Sottotitolo: Alla ricerca delle corse perdute. L’ultima fatica letteraria di Vittorio Zucconi, morto a Washington il 25 maggio scorso. ()
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Nell’infinita stagione degli addii si inserisce la recente scomparsa di Vittorio Zucconi, giornalista e scrittore di grande versatilità che ha interpretato al meglio la sua professione di narratore di cronache e di storie.
Emiliano di nascita, ha trascorso l’infanzia e la gioventù a Milano dove si è laureato in Lettere moderne e dove ha iniziato a La Notte la sua carriera di giornalista, in parte influenzato dal padre Guglielmo, storico direttore de Il Giorno.
Vittorio Zucconi era conosciuto soprattutto come inviato di testate quali “La Stampa”, il “Corriere della Sera” e “la Repubblica” per le quali aveva a lungo vissuto a Bruxelles, Parigi, Mosca, Tokyo e, dal 1985, a Washington, città nelle quale ha abitato sino alla morte, acquisendo anche la cittadinanza USA.
In occasione della sua scomparsa, il quotidiano “la Repubblica” ha ripubblicato la sua raccolta di racconti “Il lato fresco del cuscino”, uscita nel 2018 da Feltrinelli.
“Il lato fresco del cuscino” è un libro sulle cose (“Anche le cose hanno un’anima” è il titolo del prologo) che hanno segnato la vita umana e professionale di Zucconi, dalla mitica macchina per scrivere “Lettera 22” usata compulsivamente dal padre Guglielmo, che con i suoi rumori ha segnato l’infanzia di Vittorio, alla “piada”, intesa come piadina, simbolo delle vacanze estive al mare di Romagna.
Ci sono poi le automobili, una vera e propria passione da collezionista, tra cui una Bianchina Panoramica finita, senza gravi conseguenze, fuori strada in Val Brembana; la mostarda, intesa come prelibata ricompensa scolastica, e una teiera regalata all’autore da una donna scampata alla bomba di Hiroshima.
Immancabile, per un inviato speciale di questo livello, un capitolo dedicato alle stanze di albergo che per un giornalista sempre in viaggio possono costituire un approdo sicuro o un incubo da cui fuggire, ammesso che sia possibile, immediatamente.
Scrive Zucconi:" Il vero lusso è la sensazione meravigliosa di essere arrivati, di avercela fatta a superare gli aeroporti, le coincidenze, le tempeste, le autostrade, i poliziotti corrotti, gli agguati dei banditi, i bagagli smarriti, i serpenti a sonagli, i tassisti disonesti, l’oceano, la paura. Dirsi: anche questa volta, per una volta ancora, ce l’ho fatta e poi buttarsi sul letto e lasciare che la stanza si impadronisca di te come una vecchia amica che ritorna a lenire la solitudine e ad accarezzarti. Sempre che ci sia l’aria condizionata e il cuscino sia fresco”.
Un piccolo esempio di prosa brillante per rendere il clima del libro intero, ricco di aneddoti, di incontri, di situazioni piacevoli e spiacevoli, ingigantite da una professione che costringe a stare accanto se non dentro alle cose, senza distrarsi, senza fingere buonismo e senza indulgere nell’autodifesa estrema del cinismo.
Scorrono così i nomi di Hillary Rodham Clinton, l’aquila che non avrebbe mai volato, e di suo marito Bill, ecco Ronald Reagan e il coltivatore di noccioline Jimmy Carter, sino a lambire il più improbabile dei presidenti USA che, guarda caso, è oggi il presidente degli Stati Uniti d’America.
Ma il capitolo più bello è quello intitolato “Piombo” che racconta come è nato nell’autore l’amore per il giornalismo. Diceva un vecchio redattore del “Popolo”:”Chi sente l’odore del piombo farà questo mestiere”.
E Vittorio lo sente eccome visitando da ragazzino le tipografie dei giornali, annusando, gli odori, il clima, la fatica, la maestria del “proto” che diceva:”Dutùr, el piomb l’è minga goma”. Il piombo non è gomma.
Ed ecco svelato il mestiere del giornalista, quanto meno prima dell’avvento dell’informatica, i colori e gli umori delle redazioni, le dettature telefoniche degli articoli, con i nomi scanditi con lo “spelling”, per cui il presidente sovietico Breznev diventava Bologna-Roma-Empoli-Zara-Hotel-Napoli-Empoli-Venezia, gli stenografi che correggevano gli svarioni dei giornalisti, i gettoni del telefono che sfondano le tasche dei pantaloni.
“Il lato fresco del cuscino” è tutto questo e ancora di più, è l’amore per la vita e per il lavoro di un professionista che, dice Ezio Mauro nella prefazione, “viveva il giornalismo, non lo interpretava”.
Scrive Zucconi:” Scrivo, quindi sono. Riempio pagine e pagine di ricordi che si fanno ogni giorno più nebbiosi e inafferrabili, aggrappato alle cose che ancora mi parlano e mi raccontano la loro vita, che poi è la mia. Del sonno che tarda a venire, nel caldo di un cuscino arroventato, ma sorretto dalla speranza che dall’altra parte del guanciale ci sia sempre un lato più fresco. Sul quale finalmente appoggiare la fronte sudata e dormire”.
Che gli sia lieve il sonno con il piacevole conforto di un cuscino collocato dalla parte più fresca.


Vittorio Zucconi
Il lato fresco del cuscino
Alla ricerca delle corse perdute
la Repubblica, 2019, pp.236, € 9,90 (in edicola, abbinato al quotidiano)

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