Donne di Scienza: Mileva Marić

Figura tragica di una donna che rinuncia al riconoscimento ufficiale del suo lavoro scientifico a favore del marito, il suo apporto alla scienza le fu così negato e lei stessa venne emarginata. ()
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Nacque in Serbia nel 1875. Fin da piccola dimostrò un’intelligenza fuori dal comune e una particolare predisposizione per la matematica e le scienze, tanto da convincere il padre a pagare una somma consistente per farla iscrivere in un istituto privato, poiché in Serbia le donne non potevano accedere alle scuole superiori. Diplomata con i voti più alti tra tutti, si iscrisse al Politecnico di Zurigo. Fu qui che conobbe Einstein; galeotti furono degli appunti che lo scienziato prestò a Marić, la quale glieli restituì con molte correzioni.

Una relazione non appoggiata dalla famiglia di lui, che impedì alla coppia di sposarsi, anche se nel frattempo Mileva era rimasta incinta. La figlia probabilmente fu data in adozione e morì prima dicompiere due anni, un evento che sconvolse Mileva, che nel frattempo aveva abbandonato gli studi. Mileva e Albert si sposarono nel 1903, dopo la morte del padre di Einstein. In seguito ebbero due figli maschi, Hans Albert ed Eduard.

La figura di questa donna sarebbe rimasta per sempre nascosta, se nel 1982 la sua biografa Desanka Trbuhovic-Gjuric non avesse scovato indizi che fanno pensare a una sua importante partecipazione nello sviluppo della teoria della relatività e nel lavoro di Einstein in generale. Ci sono innanzitutto lettere, scambiate tra i coniugi o con amici, che lo testimonierebbero. In particolare, sono significative le parole che scrisse il fisico alla moglie tra il 1900 e il 1901: “Anch’io sono molto contento dei nostri nuovi lavori. Adesso devi proseguire la tua ricerca...” e “Come sarò felice e orgoglioso quando avremo terminato con successo il nostro lavoro sul moto relativo! Quando osservo le altre persone, apprezzo sempre più le tue qualità!”.
Importanti sono anche le parole di Mileva Marić che, pur riservata, avrebbe detto a un’amica: “Ma che felicità e che onore quando noi due insieme avremo portato il nostro lavoro sul moto relativo a una conclusione vittoriosa” e ancora: “Abbiamo terminato un importante lavoro che renderà mio marito lo scienziato più famoso del mondo”.
Una testimonianza chiave è quella del fisico Abraham Joffe, il quale aveva accesso agli “Annali della fisica” e anni fa affermò di aver visto i manoscritti originali degli studi sulla relatività del collega, firmati Einstein-Marity (traduzione nel diritto svizzero di Marić).

La storia d’amore tra i due scienziati naufragò presto, sfociando nel divorzio nel 1919. Einstein la lasciò sola con due figli, di cui uno gravemente malato. La ricostruzione della vicenda di separazione è, purtroppo, sconcertante. Quando la coppia si trasferì a Berlino nel 1912, Albert Einstein iniziò una relazione extraconiugale con una sua cugina Elsa.
Risulta che Mileva Marić, dopo aver scoperto il tradimento e dopo una serie di conflitti, avrebbe dovuto accettare un codice di comportamento per salvare il loro matrimonio. Il fatto emerse quando alcune lettere del fisico furono vendute all'asta nel 1996: una di queste raccoglie l'elenco dettagliato delle "condizioni" imposte.
Mileva doveva garantire al marito abiti e biancheria puliti, preparare e servire tre pranzi al giorno nel suo studio personale che andava pulito, come pure la stanza da letto, senza assolutamente avvicinarsi alla scrivania del coniuge. Doveva rinunciare a qualunque relazione personale col marito, a meno che la sua presenza non fosse esplicitamente richiesta per ragioni sociali. Non poteva sedersi accanto al partner, uscire o viaggiare con lui. Tra i due non vi doveva essere alcuna intimità e la moglie non doveva proferire critiche nei confronti del coniuge, specie alla presenza dei figli; doveva tacere e abbandonare immediatamente lo studio o la camera da letto quando le veniva richiesto.
C’è da pensare che si trattasse di una voluta provocazione, e infatti Mileva la respinse dando ufficialmente inizio alla procedura di divorzio.

Due anni dopo Einstein avrebbe vinto il Nobel per l’interpretazione dell’effetto fotoelettrico, pubblicato nel 1905; ma tale studio era una specialità della moglie, che durante l’università aveva frequentato anche il corso del professor Lenard in Germania, famoso per i suoi esperimenti su quell’effetto e sui raggi catodici, riconosciuti ancora oggi e premiati con un Nobel.
Einstein diede l’intera somma vinta col premio alla ex moglie e distrusse i documenti recanti il doppio cognome. Non volle sapere più niente della prole e di Mileva, la quale morì nel 1948, avendo dedicato tutta la vita al figlio malato. È sepolta a Zurigo.

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