Aporofobia = disprezzo per il povero

Aporofobia è un termine greco che significa disprezzo e paura verso il povero e nella palese insofferenza nei confronti di chi spontaneamente prova a trovare soluzioni a misura d’uomo alla povertà, alla domanda di futuro dei più fragili ()
poverta
Aporofobia è la parola usata da Stefano Zamagni nominato nel mese di marzo quale presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali su nomina di Papa Francesco. E’ un termine greco che significa disprezzo e paura verso il povero e nella palese insofferenza nei confronti di chi spontaneamente prova a trovare soluzioni a misura d’uomo alla povertà, alla domanda di futuro dei più fragili. Qui troviamo il Terzo Settore quella fitta rete di rapporti e solidarietà, una grande trama silenziosa, una rete che opera tutti i giorni senza clamore che paga le bollette e i debiti, accoglie i senzatetto, offre pasti nelle mense e aiuti sanitari, assiste i disabili, gli anziani, i bambini, i carcerati, ecc.. Stiamo parlando non solo delle 300mila associazioni no profit con oltre 6 milioni di volontari che operano gratuitamente, un milione di lavoratori necessari per offrire servizi migliori e dignitosi ai più bisognosi, servizi richiesti anche dai Prefetti e dai Comuni per la loro economicità, efficienza ed innanzitutto per le relazioni durevoli e profonde idonee all’accompagnamento finalizzato all’uscita dalla criticità. Senza contare l’opera delle Caritas Parrocchiali, dei Centri di Ascolto, dell’associazionismo cattolico e laico che opera capillarmente nelle aree di disagio e i silenziosi, meravigliosi ed importantissimi interventi di tante persone che singolarmente intervengono con profonda umanità a sostegno dei vicini più deboli. Tutte queste iniziative sono importantissime in quanto dalle più grandi alle più semplici e piccole tendono a promuovere la dignità e la giustizia sociale nella realtà del Paese. Purtroppo da un po’ di tempo un linguaggio a dir poco sguaiato e senza controllo sta offendendo ogni tipo ed atto di solidarietà. Oggi un messaggio tweat che accusa di “buonismo”, “magna ,magna”, “la pacchia è finita”, “libera la bestia che è in te” colpisce più che la spada spargendo pregiudizi. Ecco perché ha un grande valore simbolico che ha colpito tutti il gesto del cardinale Kryweski, elemosiniere di papa Francesco, che ha tolto pubblicamente i sigilli al contatore della luce di un palazzo occupato a Roma, in cui era stata tolta la corrente provocando inevitabili disagi. Non è stata solo carità verso chi soffre, è stata una denuncia forte all’indifferenza generale che si sta diffondendo. Un gesto dove la rete invisibile e silenziosa della solidarietà ha fatto rumore per risvegliare le coscienze, superare l’indifferenza o peggio il pregiudizio. Uno schiaffo in questi tempi dove giustamente esiste la legge degli uomini, ma ancora prima la legge più grande di umanità che tutti abbiamo ereditato nella tradizione della nostra storia. La solidarietà può essere umiliata e azzerata, ma non morirà, perché il senso dell’umanità è nel profondo del nostro cuore e il bene vince.

Giovanni Agnesi
Pubblicato su "Dai nostri quartieri"

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