Donne di scienza. Trotula

Preseguiamo con la pubblicazione di biografie di donne di scienza. Nel periodo medioevale la presenza delle donne scienziate fu molto scarsa. Un solo esempio, poco noto, Trotula, tuttavia mostra l’Italia in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei.

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Nel Medioevo l’educazione delle donne, ricche e povere, era essenzialmente svolta nei conventi. Tale periodo viene spesso considerato come un'epoca buia e poco indicativa della storia europea. Un pregiudizio duro a morire anche in ambito scientifico; eppure proprio tra 1200 e 1300 è già possibile parlare di scienza, di scienziati e anche di scienziate, ma prima della nascita delle università dei chierici, perché furono proprio queste ad escludere le donne dalla cultura alta, non avendo esse accesso al clero.

Donne che avevano fin lì potuto diventare addirittura Magistre, sostanzialmente in un modo solo: la via del monastero. Ma tra il X e il XIII secolo, nel Sud Italia la città di Salerno, un amalgama di culture ed etnie diverse, conobbe una condizione economica e culturale che la rese uno dei luoghi più vitali del mondo allora conosciuto, per la presenza di intelletti che spiccavano nelle scienze matematiche e filosofiche e che fornirono la base allo sviluppo della moderna medicina. Qui infatti ebbe sede la Scuola medica di Salerno, primo centro di cultura non controllato dalla Chiesa, che conferiva un titolo accademico riconosciuto in tutti i principali Paesi europei, che precorreva le prime università d'Europa e che accoglieva anche le donne.

Tra gli esponenti di spicco di questa istituzione, a cavallo tra XI e XII secolo, vi fu proprio una donna: Trotula o Trotta de' Ruggiero alla quale dobbiamo di fatto la nascita della ostetricia e della ginecologia come scienze mediche, grazie anche ai suoi testi che diffusero concetti e acquisizioni avanzatissime della medicina araba.
Prima di allora, l’ostetricia era definita “chirurgia mistica” o “divina arte”. Nell’antica Grecia l’assistenza alle partorienti era affidata alle levatrici: donne anziane del paese o della polis, le Maiai esperte nell’aiutare durante il parto [termine usato anche dalla filosofia: il metodo della maieutica (cioè tirare fuori, far emergere) intendeva tirar fuori dialetticamente all’allievo pensieri assolutamente personali e non imposti dalla persuasione e dalla retorica]. Nell’antica Roma le levatrici erano chiamate Obstetrices, che significa “che sta davanti”. Il termine non va inteso nel senso di qualcuno che “sta davanti a chi partorisce”, ma invece di chi è più avanti nel tempo, perché le Obstetrices dovevano a loro volta avere già avuto figli o essere “in avanti” con l’età.

La levatrice è una figura storica fondamentale, dal fascino arcano e suggestivo, un’immagine ormai universale, da sempre rispettata perché avvolta al tempo stesso di mistero e sacralità, aspetto che la Chiesa saprà usare in modo strategico, trasformando tutto questo in magia o stregoneria. Nei secoli XV e XVI la tipologia della strega-ostetrica si ritrova infatti in trattati demonologici come il Malleus Maleficarum, o “martello delle streghe”, manuale per Inquisitori che getta sospetti sull’operato e sull’esperienza della levatrice che, conoscendo i segreti delle donne e dando consigli sulla contraccezione, viene accusata di essere nemica della fede, di uccidere i bambini e di offrirli al diavolo, di causare sterilità ed impotenza. Questo era certamente legato al fatto che da questo sapere femminile gli uomini erano assolutamente e intenzionalmente esclusi.

Nella vita di Trotula (nota anche come Trotta, Troctula, Trocta, XI secolo) De Ruggiero, storia e leggenda si sovrappongono, tanto che è difficile tracciarne una biografia precisa.
Fu la più famosa delle Mulieres Salernitanae, le Dame della Scuola Medica di Salerno, dove la scienziata studiò e insegnò nell’XI secolo.
Trotula apparteneva alla nobile famiglia normanna dei De Ruggiero, che donò parte dei suoi beni per la costruzione del Duomo di Salerno e che sostenne la Scuola Medica Salernitana. Come membro della nobiltà, ebbe la possibilità di frequentare le scuole superiori e di specializzarsi in medicina. Sposò il medico Giovanni Plateario da cui ebbe due figli, che continuarono l'attività dei genitori come Magistri Platearii. Fu l’unica in tutta Salerno in grado di interloquire nel 1059 con Rodolfo Malacorona, che aveva studiato medicina in Francia. Trotula è elogiata nel Dit de l’Herberie del trovatore parigino Rutebeuf, attivo fra il 1215 e il 1280, e menzionata anche da Chaucer nei Racconti di Canterbury, nella storia della donna di Bath. È infine nel XIII secolo che avviene il suo grande riconoscimento, dimostrato da centinaia di manoscritti distribuiti in tutta Europa.

L’essere donna e medico insieme le garantì stima e fiducia enormi nella cura di certe patologie, tanto che fino a tutto il XV secolo Trotula rimase un’autorità indiscussa per tutto quello che concerneva i problemi e i disturbi relativi al parto, al concepimento, alla sterilità. Obiettivo principale di Trotula fu alleviare i dolori delle donne durante il parto e, più in generale, migliorare gli standard di vita femminili promuovendo l’importanza della cura dell’igiene, della corretta alimentazione e della quotidiana attività fisica, suggerendo anche pozioni e decotti per abbellire le diverse parti del corpo, massaggi e bagni per migliorare lo stato fisico.
Delle opere tramandate nel corpus salernitano, a Trotula sono attribuiti due trattati: il De Passionibus mulierum (o Trotula maior), un trattato di ginecologia e ostetricia, e il De Ornatu Mulierum (o Trotula minor), dedicato alla cosmesi. Le opere, interpolate dalla tradizione, talvolta risultano di difficile interpretazione: infatti i trattati furono composti in latino, lingua ufficiale della scrittura nell’XI secolo, perciò non tutti i termini, soprattutto quelli tecnici, sono facilmente traducibili.
Nel XIII secolo le idee e i trattamenti di Trotula erano conosciuti in tutta l'Europa e facevano già parte della tradizione popolare. I suoi scritti vennero utilizzati fino al XVI secolo come testi classici presso le Scuole di medicina più rinomate. Il Trotula Maior, come si è verificato per testi scritti da una donna, venne impropriamente attribuito ad autori di sesso maschile: a un anonimo, al marito o a un fantomatico medico di nome Trottus. Addirittura nel XIX secolo alcuni storici, tra cui il tedesco Karl Sudhoff, negarono la possibilità che una donna avesse potuto scrivere un'opera così importante e eliminarono Trotula dalla storia della medicina. La sua esistenza fu però recuperata, con gli studi di fine Ottocento, dagli storici italiani per i quali l'autorità di Trotula e l'autenticità delle Mulieres Salernitanae sono sempre state incontestabili.

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