Donne di scienza

Prende l'avvio da oggi una nuova serie di articoli storico-scientifici per celebrare le donne nelle loro molteplici capacità, biografie di donne di scienza, per riaffermare che le donne sono in grado, tanto più degli uomini, di sostenere molteplici ruoli. Venti tempestosi minacciano la libertà individuale. Come si può definire un ruolo predeterminato per le donne dipendente da quello degli uomini? Se Adamo è stato creato dal fango e Eva da una sua costola, si deve ammettere che la sua formazione è più alta e consistente rispetto al fango, sempre un po' sporco. ()
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La donna, malgrado le difficoltà incontrate in una storia scritta dagli uomini guerrieri, si è sempre dedicata alla comprensione del mondo, a lei si ascrive l'invenzione dell'agricoltura e della medicina naturale; non sono poche le scienziate che hanno portato importanti contributi allo sviluppo di tutte scienze.

Ce ne furono una ventina nell'antichità, fra cui emerge il nome della matematica Ipazia; solo una decina nel medioevo, soprattutto nei conventi, quasi nessuna tra il 1400 e il 1500, 16 sono note nel 1600, 24 nel 1700, 108 nel 1800. Oggi solo nel campo dell'astronomia sono più di 2000, ed in ogni campo del sapere le ricercatrici universitarie superano il 50%, con punte dell'80% nelle facoltà umanistiche, del 60% in quelle di scienze biologiche, dal 30 al 40% nelle scienze abiologiche (geologia, mineralogia,…), più dei 50% nelle matematiche, mentre sono ancora al di sotto dei 20% in facoltà come ingegneria e agraria.
Per quanto concerne la cultura cosiddetta occidentale e in particolare i fondamenti della scienza, si pensi come le dicotomie oggettivo/soggettivo, razionale/naturale, logico/emotivo abbiano plasmato la contrapposizione tra pensiero “maschile” e “femminile” fin dai tempi di Aristotele, con un rilancio in epoca moderna grazie a pensatori come Rousseau e un importante consolidamento tra Otto e Novecento con le ricerche di antropologi misuratori di crani e pesatori di cervelli.

Secondo questa millenaria tradizione filosofica e scientifica, le donne sarebbero incapaci di pensiero oggettivo, dominate come sono da una realtà corporea invadente, di conseguenza emotive piuttosto che razionali. Questa ideologia di genere ha impregnato i rapporti tra i sessi e l’organizzazione familiare, ma anche la struttura sociale del mondo occidentale dove, fino al diciannovesimo secolo inoltrato, per esempio, le donne sono state escluse dai luoghi dove si è trasmesso e creato sapere scientifico: le accademie e le università.

L’uso del termine “genere” si è affermato negli anni Settanta del Novecento negli Stati Uniti nel tentativo di comprendere e svelare una cultura fondata su ciò che chiamiamo determinismo biologico. Il concetto di genere da allora è utilizzato in ambiti diversi del sapere scientifico, sociale e umanistico per individuare e studiare quelle qualità definite “maschili” o “femminili” in base a specifiche costruzioni sociali e culturali, distinguendole da quelle caratteristiche “maschili” e “femminili” degli individui che sono invece determinate dal sesso, dunque da qualità riconducibili alla fisiologia e all’anatomia dei viventi.
La nozione di genere applicata alla cultura umana fa dunque riferimento a una serie di segni, simboli e concetti che riconducono a relazioni di potere tra i sessi, pertanto se, come capita, usiamo “genere” al posto di “sesso” o di “donna” non siamo politicamente corretti, ma stiamo usando una parola in modo non appropriato. Siamo tutti consapevoli del fatto che un comportamento “femminile” in una cultura o classe sociale, può non esserlo in un’altra.

Il concetto di genere utilizzato come strumento analitico in diversi campi del sapere storico e sociologico permette dunque di individuare e capire come questa cultura che ha escluso le donne dai luoghi del conoscere abbia modellato non solo le istituzioni, ma la natura del sapere stesso.
Tuttavia, se è vero che filosofia naturale e scienza hanno dato fondamento per millenni a pregiudizi diffusi circa l’inferiorità femminile, nello stesso modo in cui hanno sostenuto razzismo e antisemitismo, è sempre la scienza che nella seconda metà del Novecento ha spazzato il campo dai dubbi circa la pretesa “inferiorità” delle capacità del cervello delle donne rispetto a quello degli uomini, così come ha dimostrato che “le razze umane” non esistono.

Certo che Albert Einstein aveva scritto “razza umana” sul modulo di ingresso negli USA dove gli si chiedeva a che razza appartenesse. Ma ciò non significa che egli riconoscesse l’esistenza delle razze, al contrario! Una sola razza umana significa nessuna razza umana!

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Re: Donne di scienza
27/03/2019 Attilia Cozzaglio
Per chi fosse interessata/o, la trasmissione Darwin, L'evoluzione della scienza in onda su ZELIG TV ch.63 del Digitale terrestre propone una serie di interviste a donne di scienza. Due le domande proposte:
- cosa fare per facilitare l'accesso delle donne ai luoghi dove si "decide la scienza"?
- se la scienza fosse diretta dalle donne cosa ci sarebbe di diverso?

Al momento sono state trasmesse due interviste, a Manuela Raimondi del Politecnico e a Sarah Caronni che ha vinto il premio L'Oreal Unesco. Possono essere riviste su YouTube. Tutte le informazioni qui:
http://www.triwu.it/darwin/
Altre sono in programma. Sono curate dalla sottoscritta, Attilia Cozzaglio.
Sono ben lieta di ricevere opinioni, commenti, suggerimenti.
attilia.cozzaglio@gmail.com


 
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