Com'eri vestita?. Gli abiti delle vittime in mostra al Palazzo di Giustizia

La domanda che viene rivolta a chi subisce violenze sessuali dà il titolo alla mostra aperta in questi giorni al terzo piano del Palazzo di Giustizia di Milano.

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mostra abiti
Lo spunto viene da un'iniziativa di Jen Brockman, direttore del centro per la prevenzione della violenza sessuale del Kansas e l'evento è arrivato in Italia tramite Sinergie, un'associazione di donne che ha curato l'adattamento al contesto storico del nostro Paese.

Sono esposti 18 abiti e la breve storia di chi li indossava al momento dello stupro. C'è quindi il vestito della sposa bambina, il jeans della quindicenne violata dall'amico dei genitori, il camice della donna delle pulizie seviziata dal Capo, il vestito a quadri della baby sitter abusata dal padre del bimbo di cui aveva cura, la maglia di Jessica Faoro la diciannovenne uccisa l'anno scorso dal tramviere che l'ospitava da qualche giorno.

Questa mostra, hanno affermato i giudici presenti all'inaugurazione, vuole aprire spazi di riflessione culturale sul fenomeno della violenza di genere. Il Tribunale di Milano ha avuto in carico, solo quest'anno, 3264 procedure di questo tipo e ne ha smaltite più o meno altrettante. Ciò nonostante moltissime donne non denuncino le violenze subite per paura di subire ritorsioni o per la vergogna di rendere pubblico quello che hanno subito.

Il dott. Roia, un giudice che si occupa di questi casi, ha sottolineato il fatto che per affrontare questo dramma sociale si devono combattere diversi stereotipi, come quello di ritenere che la vittima abbia in qualche modo provocato l'aggressore. I vestiti esposti nella mostra sono una testimonianza autentica.
Quasi tutte le vittime delle aggressioni si sono sentite chiedere:"Com'era vestita?", vuoi dai giornalisti, vuoi dagli organi istituzionali preposti alle indagini, come se fosse un elemento rilevante al fine di stabilire la gravità dell'episodio.

Tutt'ora sono stati pronunciati giudizi che tendono ad assolvere moralmente gli aggressori ritenendoli in preda a "raptus" ovvero alla tanto in voga "tempesta emotiva". La delegata in Comune alle pari opportunità Daria Colombo ha sottolineato come la vicinanza delle istituzioni alla società civile non potrà che portare benefici a questa malattia che sta nella disparità di genere. Alcune avvocate impegnate da tempo nella difesa delle donne violentate hanno sottolineato la necessità di un intervento legislativo, che alleggerisca in qualche modo le vittime dall'onere della prova e soprattutto che autorizzi le donne abusate a prender parte al processo di prevenzione.

La mostra rimarrà aperta fino alla fine della settimana, poi girerà in altre parti d'Italia.

Per informazioni: www.liberesinergie.org

Credits:
Foto ANSA

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