L'acqua è di tutti
In aperta violazione della volontà espressa dai cittadini nel referendum e senza tener conto delle strutture pubbliche locali esistenti, la giunta provinciale milanese ha recentemente dato il via alla costituzione di un'Azienda Speciale per la gestione del servizio idrico, che pone le premesse per la privatizzazione dell'acqua in tutti i comuni della provincia.
(Paolo Burgio)18/04/2012
L'acqua è di tutti, un principio incontestabile.
I cittadini italiani lo hanno ribadito in maggioranza con il referendum elettorale del giugno 2011 ed anche la Corte Costituzionale ha dichiarato nel novembre 2011 illegittima la norma con cui la Regione Lombardia consentiva, relativamente ai servizi idrici, la cessione di beni pubblici ad una soggetto di diritto privato (vedi la legge Regione Lombardia 27 dicembre 2010, n. 21, recante «Modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 - Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale).
Pare quindi che il governo della Regione Lombardia, e le forze politiche che lo sostengono, non abbiano la minima intenzione di tenere conto di ciò che in ambito nazionale e in ambito regionale è stato democraticamente sancito.
Lo spunto a questa riflessione mi è venuto dopo aver letto un comunicato stampa diffuso in seguito a due recenti delibere prese dalla giunta provinciale milanese per la costituzione di un'Azienda Speciale, l'“Ufficio d’Ambito della Provincia di Milano”, subito dopo l'approvazione nella settimana precedente delll’ “Adozione delle linee di indirizzo per l’organizzazione del servizio idrico integrato nell’'ATO Provincia di Milano".
Mi sono preso preso la briga di capire cos'è un ATO e a cosa servisse un "Uffico d'Ambito della Provincia di Milano".
L'ATO è l'Ambito Territoriale Ottimale, ossia le aree territoriali individuate dalla Regione Lombardia come bacini in cui i servizi idrici devono essere organizzati sotto un ente unico, aree che corrispondono alle province lombarde ed al comune di Milano, e l'Ufficio d'Ambito sarebbe quest'Azienda speciale, a cui fa capo la gestione dei servizi idrici (acqua potabile e acque di scarico), azienda che si prevede amministrata da 5 consiglieri, di cui 3 a nomina pubblica e 2 indefiniti.
Risultano evidenti due aspetti importanti.
Il primo che l'autorità regionale impone assetti del servizio calati dall'alto, senza tener conto delle strutture pubbliche locali esistenti da tempo ed operanti con risulati positivi, ed impone ai comuni di conferire i propri servizi idrici al nuovo soggetto, commissariando quegli enti che non dovessero aderire ai nuovi assetti, in una logica di accentramento dei poteri e delle competenze, invece che di delega e di riconoscimento delle esperienze e competenze locali maturate sul territorio. Non si capisce in base a quale criterio poi l'Ambito Territoriale Ottimale sia quello provinciale, a parte il comune di Milano, quindi in questo caso in contrasto con la previsione della città metropolitana, e in generale poiché non è detto che la scala provinciale sia di per sé ottimale, infatti non si è mai pensato di organizzare i servizi idrici in relazione alla dimensione provinciale.
Il secondo aspetto rilevante è che il potere amministrativo regionale e provinciale è oggi gestito senza tenere in alcun conto la volontà dei cittadini, prescinde dall'osservanza dello spirito delle norme costituzionali, e soprattutto elude qualsiasi obbligo di informazione trasparente, approfittando della complessità della materia e della voluta complicazione delle norme.
L'acqua è di tutti, è un bene primario essenziale ed occorre ribadire sempre più fermamente che la gestione pubblica dei servizi quali sanità, acqua, aria, ambiente, unitamente alle scelte di politica di utilizzo delle risorse naturali deve avvenire attuando forme di democrazia diretta e partecipata, rapportata al territorio.
La privatizzazione dei servizi pubblici, ed in particolare della sanità, invocata per "liberalizzare" il mercato, è in palese contrasto con l'interesse dei cittadini ed unicamente a favore dell'interesse dell'eventuale gestore "privato", che viene ad essere sottratto ai vincoli procedurali ed amministrativi cui deve ottemperare il gestore pubblico, e che diviene soggetto unicamente al controllo di quella "politica", che ha messo in atto e determinato la scelta di quell'operatore privato. È quanto è avvenuto e sta avvenendo da anni in Regione Lombardia, con i risultati sotto gli occhi di tutti, risultati giunti ad un livello di intollerabilità non più sostenibile.
I cittadini italiani lo hanno ribadito in maggioranza con il referendum elettorale del giugno 2011 ed anche la Corte Costituzionale ha dichiarato nel novembre 2011 illegittima la norma con cui la Regione Lombardia consentiva, relativamente ai servizi idrici, la cessione di beni pubblici ad una soggetto di diritto privato (vedi la legge Regione Lombardia 27 dicembre 2010, n. 21, recante «Modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 - Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale).
Pare quindi che il governo della Regione Lombardia, e le forze politiche che lo sostengono, non abbiano la minima intenzione di tenere conto di ciò che in ambito nazionale e in ambito regionale è stato democraticamente sancito.
Lo spunto a questa riflessione mi è venuto dopo aver letto un comunicato stampa diffuso in seguito a due recenti delibere prese dalla giunta provinciale milanese per la costituzione di un'Azienda Speciale, l'“Ufficio d’Ambito della Provincia di Milano”, subito dopo l'approvazione nella settimana precedente delll’ “Adozione delle linee di indirizzo per l’organizzazione del servizio idrico integrato nell’'ATO Provincia di Milano".
Mi sono preso preso la briga di capire cos'è un ATO e a cosa servisse un "Uffico d'Ambito della Provincia di Milano".
L'ATO è l'Ambito Territoriale Ottimale, ossia le aree territoriali individuate dalla Regione Lombardia come bacini in cui i servizi idrici devono essere organizzati sotto un ente unico, aree che corrispondono alle province lombarde ed al comune di Milano, e l'Ufficio d'Ambito sarebbe quest'Azienda speciale, a cui fa capo la gestione dei servizi idrici (acqua potabile e acque di scarico), azienda che si prevede amministrata da 5 consiglieri, di cui 3 a nomina pubblica e 2 indefiniti.
Risultano evidenti due aspetti importanti.
Il primo che l'autorità regionale impone assetti del servizio calati dall'alto, senza tener conto delle strutture pubbliche locali esistenti da tempo ed operanti con risulati positivi, ed impone ai comuni di conferire i propri servizi idrici al nuovo soggetto, commissariando quegli enti che non dovessero aderire ai nuovi assetti, in una logica di accentramento dei poteri e delle competenze, invece che di delega e di riconoscimento delle esperienze e competenze locali maturate sul territorio. Non si capisce in base a quale criterio poi l'Ambito Territoriale Ottimale sia quello provinciale, a parte il comune di Milano, quindi in questo caso in contrasto con la previsione della città metropolitana, e in generale poiché non è detto che la scala provinciale sia di per sé ottimale, infatti non si è mai pensato di organizzare i servizi idrici in relazione alla dimensione provinciale.
Il secondo aspetto rilevante è che il potere amministrativo regionale e provinciale è oggi gestito senza tenere in alcun conto la volontà dei cittadini, prescinde dall'osservanza dello spirito delle norme costituzionali, e soprattutto elude qualsiasi obbligo di informazione trasparente, approfittando della complessità della materia e della voluta complicazione delle norme.
L'acqua è di tutti, è un bene primario essenziale ed occorre ribadire sempre più fermamente che la gestione pubblica dei servizi quali sanità, acqua, aria, ambiente, unitamente alle scelte di politica di utilizzo delle risorse naturali deve avvenire attuando forme di democrazia diretta e partecipata, rapportata al territorio.
La privatizzazione dei servizi pubblici, ed in particolare della sanità, invocata per "liberalizzare" il mercato, è in palese contrasto con l'interesse dei cittadini ed unicamente a favore dell'interesse dell'eventuale gestore "privato", che viene ad essere sottratto ai vincoli procedurali ed amministrativi cui deve ottemperare il gestore pubblico, e che diviene soggetto unicamente al controllo di quella "politica", che ha messo in atto e determinato la scelta di quell'operatore privato. È quanto è avvenuto e sta avvenendo da anni in Regione Lombardia, con i risultati sotto gli occhi di tutti, risultati giunti ad un livello di intollerabilità non più sostenibile.
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