
Tra
il 28 ed il 30 ottobre, ampie zone delle Alpi orientali sono
state interessate da venti che hanno superato i 200 km/h e hanno
provocato dei danni gravissimi alle foreste, in particolare del
Veneto, del Trentino-Alto Adige e del Friuli Venezia-Giulia.
Chiediamo
a Giorgio
Vacchiano,
ricercatore di Assestamento forestale e Selvicoltura presso il
dipartimento di Scienze
agrarie e ambientali - Produzione, Territorio e
Agroenergia dell'Università
Statale di Milano e citato da Nature tra
gli 11 scienziati emergenti nel mondo,
se e come sarà possibile la ripresa di questo grande patrimonio
naturalistico.
Oltre
al dottor Vacchiano, ringraziamo per il contributo Renzo Motta
(Università di Napoli), Davide Ascoli (Università di Napoli),
Piermaria Corona (CREA Centro di ricerca Foresta e Legno - Arezzo) e
Marco Marchetti (Università del Molise).
Professor Vacchiano, è un
evento che ha precedenti quello accaduto a fine ottobre, che ha così
profondamente sconvolto tanta parte delle nostre montagne?
L'evento,
chiamato dai metereologici "tempesta
Vaia",
ha provocato, secondo le prime stime, l'abbattimento
di 6-8 milioni di metri cubi di legname ed
è sicuramente il più importante disturbo da vento avvenuto
recentemente in Italia, anche perché ha interessato foreste tra le
più belle e famose delle Alpi.
Se
allarghiamo il nostro orizzonte spazio-temporale, osserviamo però
che eventi come quello descritto non sono così rari e lontani dalle
nostre regioni.
Il
vento in Europa è il principale fattore di disturbo e agente di
danno agli alberi (oltre il 50% del totale) con una media di due
tempeste catastrofiche, come quella che ha colpito il Trentino, ogni
anno. In totale, il volume di bosco distrutto dal vento in
Europa è di circa 38 milioni di metri cubi all'anno (Gardiner
et al. 2013).
In confronto, gli incendi sono responsabili del 16% dei danni subiti
da boschi e foreste, cioè il vento
fa tre volte i danni prodotti dalle fiamme.
Il
nord-est è stato interessato in tempi relativamente recenti, il 4
novembre 1966, da un altro evento avente una magnitudo paragonabile
alla "tempesta
Vaia".
In quel caso furono atterrati solo in Trentino circa 700 mila metri
cubi di legname oltre a 1.300.000 metri cubi nella vicina Austria.
Anche
escludendo eventi più remoti, negli ultimi 30 anni, in Europa si
sono verificati almeno quattro fenomeni che hanno avuto un impatto
molto superiore a questo di fine ottobre.
Ma quali sono i fattori che
influenzano il verificarsi di così importanti danni alla foresta da
parte del vento?
I
fattori possono essere divisi in 4 gruppi: 1) condizioni
meteorologiche, 2) condizioni stazionali, 3) topografia e 4)
struttura del popolamento forestale (Schindler
et al. 2012).
Dal
punto di vista della struttura i fattori importanti sono l'altezza
dell'albero (le
probabilità di schianto aumentano in modo esponenziale con l'altezza
dell'albero), la specie (il
tipo di apparato radicale, la forma della chioma e la resistenza
meccanica del fusto) e la struttura
verticale del popolamento (popolamenti
puri, monostratificati e densi sono più facilmente schiantati
rispetto a popolamenti misti e pluristratificati).
In
Italia ci sono aree che storicamente, sia per fattori meteorologici,
topografici e stazionali, sia per la struttura del popolamento
forestale, sono particolarmente sensibili ai danni da vento. Tra
queste sicuramente si può citare la Valle di Fiemme, dove il
problema della vulnerabilità delle estese foreste monostratificate
di abete rosso è oggetto di discussione da anni.
È possibile stabilire una
connessione con i cambiamenti climatici in atto?
Nel
caso di Vaia, l'attribuzione quantitativa di una relazione tra
velocità del vento e cambiamenti climatici è difficile, ma il ruolo
di un'estate assai più calda della media e il
conseguente riscaldamento
prolungato delle acque del Mediterraneo è un forte candidato a
spiegare la particolare intensità del dislivello barometrico
osservato.
Parallelamente,
negli ultimi decenni è aumentata anche la vulnerabilità delle
foreste europee in quanto è aumentata la superficie coperta da
foreste, la biomassa per unità di superficie, l'età media e
l'altezza media dei popolamenti forestali.
Sarà possibile una ripresa
di queste foreste? E con che tempi? Possiamo fare delle previsioni?
Gli schianti
da vento sono un fenomeno naturale e la maggior parte delle foreste
danneggiate sono in grado, con i tempi delle dinamiche forestali, di
rinnovarsi e di ricrescere.
Tuttavia, è evidente che in molte situazioni, sia per le funzioni
ecosistemiche richieste, sia per la necessità di garantire sicurezza
e adeguata qualità della vita alle popolazioni locali, sia
necessario intervenire per ritornare, nel più breve tempo possibile,
a una copertura forestale adeguata. In questi ultimi decenni le
Alpi, soprattutto nel versante nord, sono state interessate da
diverse tempeste che hanno permesso di acquisire esperienze e dati
quantitativi sulle modalità di ripristino. Ad esempio, la tempesta
Viviane del 1990 in Svizzera ha provocato danni maggiori di Vaia e ha
permesso di analizzare performance della
rinnovazione artificiale e della rinnovazione naturale - modalità
(quantitative e qualitative) di rimozione del materiale schiantato
- e impatto degli ungulati selvatici.
Già
a partire dalle fasi di sgombero di una parte del materiale
schiantato e di ricostituzione è necessario tenere conto anche della
funzionalità bio-ecologica del bosco e della sua complessità,
elemento indispensabile per garantire maggiore resistenza e
resilienza ai popolamenti forestali. Sotto questo aspetto è
opportuno comprendere le dinamiche ecologiche in atto (es. stato di
maturazione dei coni e semi del 2018 nelle chiome a terra) e
favorire, dove possibile, i processi di rinnovazione naturale; nello
stesso tempo, rilasciare una adeguata quota di legacies,
cioè di residui di legno morto e alberi vivi, pur tenendo conto
del pericolo di pullulazioni di insetti e diffusione di incendi. Il
rilascio di queste legacies è
risultato molto positivo sia nei confronti della biodiversità che
nei confronti della protezione e facilitazione della rinnovazione.
Quali sono le prospettive e
cosa possiamo imparare da quanto è accaduto?
Gli schianti
da vento,
come molti disturbi naturali, provocano dei danni economici e sono
degli importanti fattori di rischio per la popolazione ma, dal punto
di vista ecologico, rappresentano
un nuovo inizio e una nuova opportunità per
l'ecosistema (Motta 2018).
Allo stesso modo un evento come quello verificatesi alla fine di
ottobre 2018 può essere un'occasione anche per l'uomo. Superata la
fase di emergenza, che in questo momento è prioritaria rispetto a
ogni altra considerazione e deve essere affrontata a livello
inter-regionale per coordinare l'immissione di legname sul mercato,
Vaia fornirà l'occasione per adeguare strutture e gestione forestale
agli scenari di cambiamento climatico previsti per i prossimi decenni
Infatti,
se da un lato dobbiamo riconoscere che con venti che superano i 200
km/h (schianti 2018) o con lunghi periodi di siccità e
temperature elevate (incendi del 2017), è praticamente impossibile
evitare danni ai boschi, è però nostra responsabilità
lavorare per aumentare la resistenza e la resilienza dei popolamenti
forestali a disturbi di minore intensità che aumenteranno di
frequenza nei prossimi decenni.
DIPARTIMENTO
DI SCIENZE AGRARIE E AMBIENTALI - PRODUZIONE, TERRITORIO, AGROENERGIA
http://www.unimi.it/lastatalenews/foreste-dopo-tempesta