Sulla mia pelle

Un buon film di impegno civile che ha il pregio di non urlare ai quattro venti tutta la grande rabbia che la vicenda contiene in sé. Predominano gli interni notturni e le fisionomie psicologiche dei personaggi. L’angoscia dei sussurri più che la forza liberatoria delle grida. ()
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Accantonata per un attimo la polemica in corso intorno ai film prodotti da Netflix, se potete affrettatevi ad andare nelle sale che lo programmano perché il film “Sulla mia pelle” di Alessio Cremonini merita di essere visto, commentato e discusso.
La vicenda è nota alla patria cronaca (nera), il tossicodipendente romano Stefano Cucchi viene arrestato dai carabinieri per presunto spaccio di droga, entra in carcere sulle sue gambe e non ne esce più vivo. Ottobre 2009.
Da allora il procedimento giudiziario, per determinare la causa della morte di Cucchi e gli eventuali colpevoli, risulta essere ancora aperto. Tutti sappiamo, perché sia stampa che televisione ne hanno dato ampio rendiconto, dell’impegno civile della sorella Ilaria per far sì che la verità venga a galla.
Il film restituisce appieno tutta l’angoscia esistenziale degli ultimi giorni di vita di Cucchi ma lo fa senza un atteggiamento manicheo. Certo sostiene la tesi della sua famiglia secondo cui sono stati i pestaggi dei carabinieri a provocare la morte del ragazzo, senza però indulgere in condanne di nessun tipo e, soprattutto, senza compiacimento descrittivo.
La narrazione sembra assolutamente realistica con tutte le sue contraddizioni, a partire dall’atteggiamento nichilista, ai limiti della rassegnazione, della stessa vittima che sembra assumere in sé i tormenti della colpa.
100 minuti di racconto claustrofobico, nelle piccole celle, nelle infermerie del carcere, negli angusti uffici delle stazioni dei carabinieri dove la cosa più agghiacciante è l’indifferenza, il menefreghismo, la sciatteria e il cinismo. Il racconto rende bene questo clima di impotenza nel quale si consuma in agonia la vita di una persona di trentuno anni e l’incredulità dei suoi familiari che danno per scontata la correttezza delle istituzioni.
Eccellente il cast, a partire dal protagonista Alessandro Borghi, entrato assolutamente nella parte, ma non da meno Jasmine Trinca nella parte della sorella e Milvia Marigliano e Max Tortora in quella dei genitori sui quali pesa il dramma della sconfitta del loro ruolo.

In programmazione al cinema Beltrade

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