La forma dell’acqua

Al centro, il tema della diversità raccontato con piglio favolistico. E se fosse solo una fantastica storia d’amore? ()
la forma dell acqua
A Guillermo del Toro piace lavorare (e giocare) con il fantastico. La sua filmografia, non certo smisurata, sta lì a dimostrarlo.
Per realizzare “La forma dell’acqua” ha messo insieme tutta la sua capacità narrativa per sfidare e contrapporre i generi con risultati decisamente notevoli considerato che il film ha vinto il Festival di Venezia e l’Oscar. Per abbondanza, la statuetta è stata poi attribuita anche al regista.
Fantascienza e fantasy stanno alla base di un’operazione che parla a destra affinché sinistra intenda.
Baltimora, Stati Uniti, fine anni ’50 del secolo scorso. In pieno clima di guerra fredda, in un laboratorio di ricerca scientifica viene ricoverato un essere alieno, un anfibio antropomorfo rinvenuto in una sperduta località del Brasile e là venerato come un dio.
Gli ottusi e i cattivi, che poi sono i militari guerrafondai, vogliono distruggere l’essere, i sovietici se ne vogliono impadronire, e a loro volta sopprimerlo, per non lasciarlo in mano agli americani.
Da questo sottofondo torbido, si eleva la bella storia d’amore tra una ragazza muta, inserviente nel laboratorio, e l’alieno, con conclusione che vi lasciamo volentieri scoprire al cinema.
L’esplicita metafora vuole che tutto il film sia un elogio della diversità, diverso è l’alieno che ha bisogno di acqua e sale per poter sopravvivere, diversa la ragazza che è muta dall’infanzia per non si sa quale incidente, omosessuale il suo vicino di casa e migliore amico, nera la sua compagna di lavoro.
Il tutto raccontato come una favola noir, condita qua e là di ironia e di qualche raccapricciante dettaglio e tanto sangue. Chissà se gli spettatori colgono la metafora o solo si soffermano “su la favola bella che ieri t’illuse, che oggi mi illude…”.
Non siamo dalle parti del miracolo, come qualcuno vuole farci credere, ma il risultato è apprezzabile per la tensione del racconto e la bravura degli interpreti.


In programmazione al Cinema Plinius e all’Arcobaleno Film Center.


(Massimo Cecconi)

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