Sull'uso distorto del project financing

Uno strumento buono per tutte le occasioni o da usare con cautela quando si tratta di realizzare opere pubbliche? ()
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Un recente articolo pubblicato sul Corriere della Sera in cui si riportava l’intervista al rettore Vago sull’atteso trasferimento delle facoltà scientifiche della Statale all’area Expo ha scatenato vivaci reazioni in zona 3. E’ circolata in rete una lettera aperta inviata alla redattrice dell’articolo da un cittadino che esprimeva il proprio disappunto per i toni usati, in cui si definiva “una fronda interna di docenti e studenti” quella che, con il sostegno di larga parte degli abitanti di Città Studi, si oppone al trasferimento.

Il rettore Vago, riferisce l’articolo, ipotizza il ricorso al project financing per poter concludere il trasferimento, in relazione al fatto che mancano circa un terzo dei fondi necessari, 130 milioni di euro su 380, fondi che dovrebbero derivare dalla cessione degli immobili dell’Università a Città Studi, ma sui quali al momento non esiste alcuna offerta o impegno concreto.

Dai vari commenti circolati nell’ambito dei comitati cittadini impegnati a seguire da tempo la vicenda, una cosa mi è sembrata evidente, non a tutti è chiaro cosa si intenda con project financing, eppure è uno strumento a cui da anni le amministrazioni fanno ricorso per realizzare opere pubbliche, spesso per le cosiddette Grandi Opere di rilevante impegno finanziario e che ora sembra adatto anche al rettore Vago.

Senza voler entrare nel merito delle varie forme possibili e dei diversi usi che se ne è fatto, e dei risultati che questo strumento ha prodotto, vale la pena di chiarire in cosa dovrebbe consistere e di fare alcune riflessioni in merito all’impiego del project financing da parte di soggetti pubblici e privati impiegando finanziamenti misti.

Con lo strumento del project financing si affida in genere ad un soggetto la progettazione, la realizzazione, il finanziamento e la gestione di un intervento pubblico ripagando le opere e il servizio mediante la corresponsione di canoni e tariffe, da determinare caso per caso in relazione alla tipologia dei servizi che si devono erogare.
Per semplicità facciamo un esempio.
Se un ospedale pubblico dovesse ristrutturare o sostituire una propria centrale termica può:
1) affidare a soggetti diversi la progettazione, la fornitura delle opere, la gestione e manutenzione degli impianti
2) affidare il tutto ad un general contractor in grado di svolgere tutte le attività
3) ricorrere ad un soggetto che in project financing reperisca le risorse finanziarie necessarie, realizzi le opere e gestisca gli impianti dietro la corresponsione di un canone fisso per ripagare gli investimenti e di una tariffa per la fornitura del calore alle utenze.
E’ evidente che nel primo caso la spesa totale da sostenere suddividendo l’intervento tra più fornitori, ciascuno specializzato nel proprio campo, risulterà inferiore a quella che si sosterrà nel secondo e sarà ancora maggiore, a conti fatti, nel terzo caso.
La scelta tra le diverse alternative dipenderà dalle situazioni concrete in cui l’ente si trova ad operare e ciascuna di per sé può essere legittima tenendo conto dei vantaggi/svantaggi che ciascuna comporta, e quella con il minor costo e le migliori garanzie di continuità ed efficienza del servizio resta comunque la scelta che un oculato amministratore è tenuto a fare.
Nell’esempio citato In ciascuna delle alternative rimangono ben definiti i ruoli , da una parte abbiamo un committente e dall’altra uno o più aggiudicatari scelti in base a gare di evidenza pubblica, che stabiliranno obblighi e responsabilità di ciascuna delle parti.

Ben diverso è il quadro in cui si trovano ad operare la committenza pubblica e l’imprenditoria privata quando si tratta di ricorrere al project financing chiedendo al privato di contribuire al finanziamento parziale del progetto, con la costituzione anche di società miste per la gestione dell’intervento, una volta realizzato (come è avvenuto per le linee metropolitane M5 e M4 milanesi). Il piano economico-finanzario si baserà su previsioni che dipendono dagli studi di mercato e dalle stime della committenza (ad esempio numero, frequenza e trend delle utenze a cui è destinato il servizio), che esulano certo dalle competenze e responsabilità del privato, sulle quali non assumerà di certo alcun rischio. In base a queste stime si definiranno i capitolati per le gare ad evidenza pubblica per affidare il contratto, un contratto di natura alquanto complessa, in cui rimarranno ampi margini di discrezionalità nella stesura delle clausole da inserire negli accordi tra le parti, nella determinazione delle tariffe, delle penali in caso di inadempienze, della qualità delle prestazioni e dei servizi, delle modalità di regresso e della governance della eventuale società mista da creare tra gli enti pubblici, i soci privati e gli istituti finanziari coinvolti.
Dato che il progetto esecutivo è ancora da sviluppare, perché posto a carico dell'aggiudicatario è del tutto presumibile che si rendano necessarie revisioni e modifiche ai dati di progetto, che estensione e modalità del finanziamenti non siano del tutto vincolanti in sede di offerta, che l’assetto e la compagine della società mista resti tutto da definire. La conclusione è che l’introduzione del project financing non si può sapere con esattezza a priori a quali canoni, tariffe, condizioni contrattuali, penali e premi, ove fossero previsti, saranno poi concluse, gestite ed eventualmente dato in concessione il servizio.
C’è poi da considerare che un soggetto privato in partecipazione con un soggetto pubblico interviene comunque per conseguire un profitto e, come è logico che sia, cerca di massimizzare questo profitto, in totale contrapposizione con il compito e il dovere che ha l’amministrazione di operare per salvaguardare l’interesse pubblico nella realizzazione del progetto avviato dalla partnership pubblico-privato.
Se il piano economico-finanziario dell'intervento si basava su stime errate, ma poi le tariffe stabilite non consentono di coprire costi di gestione e oneri finanziari non sarà certo il partner privato a pagare le conseguenze, dato che le previsioni di utilizzo del servizio pubblico hanno fatto capo all’amministrazione pubblica.
Quando questo succede il danno, diciamo così, è duplice, iI contribuenti si trovano a dover sostenere tariffe esorbitanti per opere la cui utilità risulta evidentemente scarsa.

Le restrizioni imposte dalle norme introdotte nel 1999 per la realizzazione di opere pubbliche in project financing, sono state man mano ridotte e molti vincoli sono stati tolti. Certo non è semplice definire una normativa in grado di coprire in modo esauriente tutte le problematiche che devono essere esaurite mettendo in atto un intervento complesso come il project financing. Forse per questo l’Unità Tecnica Finanza di Progetto, istituita a suo tempo per supportare le amministrazioni nell’utilizzo del project financing è stat soppressa nel 2016.

Deve essere chiaro che la scelta del project financing aperto alla partecipazione mista pubblico-privata come forma di intervento per fornire un qualsiasi servizio pubblico (per la sanità, la mobilità, la scuola) comporta in linea di principio, e mi sembra anche in pratica, un maggior onere per i contribuenti rispetto all’affidamento diretto tramite gare ad evidenza pubblica delle opere, delle infrastrutture e della loro gestione.

Se le ristrettezze del bilancio dello stato non permettono di reperire tutto l’investimento necessario, perché ricorrere ad un parziale finanziamento privato, facendo ricadere sulle spalle dei contribuenti non solo la tassazione corrente, che serve a sostenere detti servizi pubblici, ma anche il finanziamento privato di questi servizi? Se non ci sono i soldi, come in più occasioni ci viene annunciato dai nostri governanti, accontentiamoci di quello che abbiamo, privilegiando la qualità del servizio attuale, senza pensare a nuovi grandi investimenti in opere che magari che non risultano affatto necessarie (e non mancano gli esempi sotto gli occhi di tutti noi.

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