Milano e la Mala

Una documentata mostra in corso sino all’11 febbraio a Palazzo Morando rievoca i fasti nefasti della malavita milanese dal primo dopoguerra agli anni ’80 del secolo scorso. ()
milano e la mala immagine

La storia di una città passa anche attraverso la cronaca rosa o nera che sia.

Alla cronaca nera e nerissima, romantica o postromantica che dir si voglia, è dedicata la bella mostra “Milano e la Mala. Storia criminale della città dalla rapina di via Osoppo a Vallanzasca” a cura di Stefano Galli, ospitata sino all’11 febbraio a Palazzo Morando, sede delle raccolte storiche cittadine.

Centinaia di fotografie d’epoca, di documenti e di oggetti vari (divise, armi, schede segnaletiche, mezzi e automezzi) raccontano una vicenda che, a partire dal primo dopoguerra, caratterizza, tra le altre cose più “normali”, la vita di Milano attraverso accadimenti e personaggi che hanno lasciato il segno nell’immaginario collettivo.

La rapina di via Osoppo, le nefande gesta di banditi come Ezio Barbieri, “Gino lo zoppo”, Sandro Bezzi e su su sino a Luciano Lutring, a Francis “Faccia d’angelo” Turatello, ad Angelo “Il Tebano” Epaminonda sino a Renato Vallanzasca segnano, in un crescendo di efferatezze e di delitti sempre più estremi, in un’escalation di sangue e di malaffare, la vita di una città in trasformazione, in cui la malavita opera sempre più con determinata aggressività organizzata.

Accanto ai personaggi negativi, resi noti anche dalla cronaca dei giornali del pomeriggio come La Notte (prima uscita in edicola 6 dicembre 1952), si collocano le vicende investigative della polizia milanese, la cui prima Squadra Volante risale al settembre del 1945, con i mitici commissari Mario Nardone e Paolo Zamparelli e questori che hanno fatto storia come Vincenzo Agnesina, Achille Serra, Antonio Pagnozzi e Massimo Mazza, per non dire di marescialli come Arnaldo Petronella e Ferdinando Oscuri.

I vari capitolo della mostra, con relativi riferimenti temporali, sono dedicati alla ligera (con i suoi risvolti pseudoromantici), alla rapina del secolo (che è poi quella di via Osoppo), alla Milano violenta delle sparatorie in strada, alle bande e alle loro “imprese” lucrative (bische, prostituzione, droga), ai sequestri di persona e ai vari protagonisti di queste nerissime storie.

Accompagna la mostra un corposo catalogo che ospita saggi critici di cultori della materia come Piero Colaprico (è appena uscito in libreria il suo ultimo nerissimo romanzo “La strategia del gambero” per Feltrinelli) , Tullio Barbato, Luigi Vergallo, Matteo Speroni, Mauro Colombo, Nicola Erba con testimonianze di addetti ai lavori come gli ex questori Achille Serra e Massimo Mazza.

Con l’invito assolutamente esplicito di visitare la mostra, diamo qui, per deformazione territoriale, breve resoconto di ciò che la cronaca e la storia riportano essere accaduto dalle nostre parti.

Se a Porta Venezia sono numerosi i ritrovi “dubbiosi ed equivochi”, quasi come nelle più malfamate zone del Ticinese, dell’Isola e del defunto Bottonuto, già ai primi del ‘900 operava in via Pilo una banda di falsari che stampava in proprio biglietti e “scudi” (monete da cinque lire).

Il fatto più eclatante accadde però il 1 ottobre 1949 quando la “banda Dovunque”, nella quale militavano anche alcune donne, mise a segno un grosso colpo alla gioielleria Invernizzi che allora aveva sede al primo piano di via Donatello al n.15.

I rapinatori, travestiti da carabinieri, si assicurarono un bottino di 16 milioni di lire.

La stessa banda venne poi sgominata esattamente una settimana dopo (8 ottobre) dalla polizia guidata dal questore Vincenzo Agnesina (già guardia del corpo di Mussolini e fiduciario del ministro Scelba), con il contributo dei commissari Paolo Zamparelli, Mario Nardone e Vincenzo D’Onofrio, vale dire il meglio degli investigatori milanesi di allora.

Della “banda Ovunque”, così detta per via della sua rapidità di spostamento, faceva parte Ugo Ciappina, con un passato da partigiano e qualche frequentazione con Giangiacomo Feltrinelli, divenuto poi molto famoso per essere stato uno dei capi della “banda di via Osoppo” che la sua impresa (la “rapina del secolo”), la consumò il 27 febbraio del 1958.

In mostra, ampio spazio fotografico viene dedicato alla vicenda, compresa una testimonianza in immagine delle armi sequestrate alla banda (solo nella casa di Ciappina vennero ritrovati 30 bombe a mano, 27 chili di tritolo, 2 di plastico oltre ad armi “leggere”).

Mentre l’Ortica, subito dopo la guerra, era zona di baracche mal frequentate, il 31 ottobre 1957 venne assaltato l’Ufficio postale di via Beato Angelico, con un bottino di 1 milione e 700 mila lire, all’incirca 25.000 euro di oggi.

Il 19 ottobre del 1964 la “banda del lunedì” rapina la filiale della Banca Popolare di Novara in viale Regina Giovanna. La banda è costituita da tre giovani “ragazzi di lago” originari di Angera che dal lavoro di muratori erano disinvoltamente passati a quello di rapinatori. Carriera conclusa con cattura nel marzo del 1965 dopo 17 colpi messi a segno.

La stessa banca di viale Regina Giovanna viene di nuova rapinata il 12 novembre del 1965 dalla banda Cavallero che quel giorno compì in città, nel giro di 45 minuti, altre due rapine: bottino giornaliero 20 milioni di lire.

E’ la Milano delle rapine in banca con sparatorie e inseguimenti per le vie della città.

Nella metà degli anni ’70, gli scenari malavitosi sono cambiati, il boss Turatello, re delle bische e di mille altre attività, abita dalle parti di piazza Piola. In via Paisiello il 16 gennaio del 1978 viene uccisa la sua ex compagna, madre di suo figlio Eros. Turatello morirà in carcere selvaggiamente pugnalato nel 1981.

Ultima segnalazione per Renato Vallanzasca, il “Bel Renè”, quando venne arrestato per la prima volta per furto nel 1972 abitava in via Porpora 162.

Dalla scheda segnaletica si evince che il Vallanzasca, nato il 4 maggio del 1950, di professione elettrotecnico, aveva fatto la 3^ avviamento e aveva gli occhi celesti.

Un capitolo a parte, che infatti in mostra non è contemplato, poteva essere quello dei rapporti tra malavita ed estremismo politico. Su questo argomento si sarebbe benissimo inserita la sparatoria che avvenne la sera del 22 gennaio 1979 nel ristorante Il Transatlantico di via Malpighi dove il gioielliere Pier Luigi Torregiani reagì sparando a un tentativo di rapina. Due morti nel locale, un bandito e un avventore.

Il 16 febbraio, per vendicare il bandito ucciso, un commando dei Proletari armati per il comunismo uccise il Torregiani nel suo negozio. E questa è la vicenda in cui è implicato Cesare Battisti.

Ma è anche un’altra storia.

“La banda di Barbieri era attrezzata/ faceva le rapine a mano armata/ e sette sette sette fanno ventuno/ arriva la Volante e non c’è più nessuno”...


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