Enrico Baj - L'arte è libertà

Sino al 17 febbraio la Fondazione Marconi ospita una più che interessante mostra di un artista unico, visionario quanto basta per denunciare con forte impegno civile tutte le angherie del potere. Da vedere. ()
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Merita una visita e più di una riflessione la bella mostra antologica che la Fondazione Marconi dedica a Enrico Baj nello spazio espositivo di via Tadino 15.

Esplicitamente dedicata alla visione politica dell’artista, la mostra ruota intorno a un capolavoro assoluto che occupa con il suo grande ingombro (380x1200 cm) la parete lunga della sala espositiva del piano terra.

“I funerali dell’anarchico Pinelli” (1972) è una potentissima istallazione che richiama volutamente la Guernica di Picasso per riproporre il tema del potere, delle sue sopraffazioni e delle risposte civili e popolari a ogni forma di violenza coercitiva. L’immagine dell’anarchico che precipita è accompagnata, da una parte, da militari e poliziotti con le loro medaglie e le loro armi e, dall’altra, dal popolo che assiste piangendo e lottando contro l’ennesima manifestazione di ingiustizia. Le sagome di due bimbe, che si proiettano in ombra sul muro retrostante, manifestano tutto il loro terrorizzato stupore.

Scriveva a proposito Baj nel 1983:” Il mio “Pinelli”…è posto su una pedana a scivolo che raccoglie oggetti vari…tutto un materiale cadente e decadente pulcioso e polveroso, che sta a simboleggiare una caduta culturale, il degrado di un sistema, vuoi di sviluppo, vuoi politico, relegato sempre più nei limiti del suo logorato declino”.

E’ noto che l’opera, a cui Baj aveva lavorato per anni, avrebbe dovuto essere esposta nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale nel maggio del 1972, ma il giorno stesso dell’inaugurazione venne ucciso il commissario Calabresi e il grande quadro verrà esposto al pubblico solo 50 anni dopo.

Ed è altrettanto noto che Baj, incassato per il suo lavoro un importante assegno dal suo amico gallerista Giorgio Marconi, corse a versarlo a Licia Pinelli e alle sue figlie.

Il filo rosso di natura libertaria che caratterizza la mostra si manifesta anche con i grandi quadri dedicati ai generali (“Gèneràl méchant” del 1960, “Punching general” del 1970, “Generale incitante alla battaglia” del 1961,…) che raccolgono tutto il sarcasmo dell’artista e la sua poetica di ribelle.

Fortissimo anche l’impatto, al primo piano della Fondazione, con “Apocalisse” (1978-1983), installazione a composizione variabile che ben rappresenta sogni popolati da incubi laddove, ancora una volta, il sonno della ragione genera mostri.

E qua e là appaiono figure antropomorfe costruite con il meccano che riprendono il tema del potere e delle sue più odiose manifestazioni.

Al nome di Baj, artista decisamente internazionale, vengono spesso accostati a ragione nomi come quelli di André Breton, Alfred Jarry, lo stesso Picasso, Pollock, Konrad Lorenz a significare una sorta di movimento sovranazionale a cui hanno aderito artisti molto significativi per l’arte e la cultura contemporanee.

Diamo ancora la parola a Enrico Baj:”Io mi sono trovato spesso in una situazione un po’ particolare perché, pur rifiutando un’arte politica, mi sono ritrovato a farla, anzi mi ritengo l’unico, fra i contemporanei, ad avere fatto arte politica, una politica non iscritta nei ruoli e o nei dettami di un partito, ma l’ho fatta seguendo un certo filone le cui basi erano le stesse che avevano portato alla fondazione del “movimento nucleare” (1984).

Una bella storia. Del resto, come amava ricordare l’artista stesso, “baj” in polacco significa “cantastorie”.

Urlino tutte le ingiustizie del mondo.


Fondazione Marconi

Via Tadino, 15 Milano

Orario: martedì-sabato 10-13, 15-19 (chiuso il 7 e 8 dicembre e dal 23 dicembre all’8 gennaio)

Ingresso gratuito

www.fondazionemarconi.org


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