A Ciambra

Ambientato in una comunità rom calabrese, il racconto di una iniziazione che si colloca senza compiacersi nel dramma quotidiano di vivere la diversità. Buon inizio di stagione per il nostro cinema in attesa dei film presentati a Venezia.


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Pio ha 14 anni e una faccia d’angelo. Vive con la sua numerosa famiglia in una comunità rom chiamata A Ciambra alla periferia di Gioia Tauro, in Calabria.

Nella totale desolazione di un paesaggio vilipeso e offeso, costellato da discariche a cielo aperto, l’intraprendente Pio condivide le misere vicende della sua famiglia, fatte di piccoli furti e di imbrogli, di violenza fisica e verbale, fuma e beve come un adulto con l’evidente aspirazione a diventare grande in fretta.

Per le sue imprese, frequenta la vicina città e le comunità di emarginati che la vivono. Stringe amicizia con un africano che lo protegge e lo aiuta in qualche difficoltoso frangente.

Su tutto prevale, però, la necessità di affermarsi nella propria comunità, di diventare l’uomo che porta a casa i soldi e mantiene la famiglia, soprattutto quando il padre e un fratello più grande finiscono in prigione.

Nell’ansia di fare però commette un passo falso dal quale pensa di riscattarsi tradendo proprio l’amico africano. L’età dell’innocenza, se mai c’è stata, è definitivamente finita.

Film forte che ha il coraggio di mostrare un mondo che spesso si preferisce disconoscere e di cui il cinema poco si è occupato, con l’esclusione, tra i pochi altri, di Silvio Soldini (“Un’anima divisa in due”) e Emir Kusturica (“Il tempo dei gitani”, “Gatto nero, gatto bianco”), “A Ciambra” è raccontato dal regista Jonas Carpignano senza compiacimento alcuno ma con grande partecipazione narrativa (sembra che il regista sia venuto in contatto con la famiglia Amato, protagonista del film, che recita se stessa, nella “trattativa” per la restituzione di un’auto rubata…).

Nello squallore totale dell’ambiente umano e sociale, compare con significati magico/onirici un cavallino storno, mentre il nonno del grande clan familiare dice della sua gente:” Siamo soli contro tutto il mondo”, che è una consapevole definizione di un popolo sempre ai margini della società civile, nei secoli dei secoli.

Grande interpretazione di Pio Amato, si presume nella parte di se stesso, e dei suoi credibili coprotagonisti.

Tra i produttori esecutivi compare, non a caso, Martin Scorsese.

Piccolo grande film.


In programmazione al Cinema Palestrina



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