La Parigi di Robert Doisneau

Dal 3 al 22 luglio la Cineteca Italiana presenta a Spazio Oberdan una rassegna di film francesi dedicati al grande fotografo. Un capolavoro tira l’altro… ()
doisneau il bacio

Almeno cronologicamente successivo al famoso bacio di Francesco Hayez, esposto alla Pinacoteca di Brera, si colloca lo stesso concetto affettivo/espressivo del grande fotografo francese Robert Doisneau (1912-1994) alla cui aura territoriale la Cineteca Italiana dedica una bella rassegna tematica di grandi film.

L’occasione è offerta dall’uscita del documentario “Robert Doisneau, la lente delle meraviglie” (2017) di Clémentine Deroudille, ritratto a tutto tondo di uno dei più grandi interpreti dell’arte della fotografia.

In rassegna, alcuni film indimenticabile che sarebbe doveroso aver visto almeno una volta nella vita e più che piacevole rivedere più e più volte.

Si parte con “Due o tre cose che so di lei” (1966) di Jean-Luc Godard, autore recentemente rievocato in forma un po’ macchiettistica nel film “La Redoutable” di Michel Hazanavicius, presentato recentemente in concorso al Festival di Cannes con il belloccio Louis Garrel imbruttito per interpretare il regista franco-elvetico.

Segue, sempre di Godard, il mitico “Fino all’ultimo respiro” (1960) con uno straordinario Jean-Paul Belmondo nella parte di un giovane senza alcuna morale né freni inibitori.

Per il particolare clima di quegli anni in cui Doisneau era perfetto interprete della sua contemporaneità, non poteva mancare in rassegna uno dei più bei film di sempre, quel “I 400 colpi” (1959), struggente pellicola in bianco e nero di un ispiratissimo François Truffaut.

A seguire, un paio di film forse ritenuti minori quali “Questa è la mia vita” (1962) ancora di Godard e “Peccatori in blue jeans” (1958) di Marcel Carnè, uno dei maestri riconosciuti dai registi che si riconoscono nella Nouvelle Vague.

Si chiude con “Paris nous appartient” (1961) di Jacques Rivette in cui compaiono, oltre allo stesso regista, anche Jean-Luc Godard e Claude Chabrol, e “Mentre Parigi dorme” (1946), ultimo film della coppia Prévert (sceneggiatura)-Carnè (regia) con lo straordinario esordio del toscano Ivo Livi, altrimenti noto come Yves Montand.

Film strepitoso, anche se controverso, per ambienti e ritratti umani, impreziosito in colonna sonora dalla canzone “Les feuilles mortes”, scritta dallo stesso Prévert e musicata da Joseph Cosma. Canzone che vale un’intera epopea.

Non ci resta che ricordare che la programmazione completa e le modalità di ingresso sono disponibili sul sito www.cinetecamilano.it

Nel ricordare ancora la ricorrenza molto francese del 14 luglio, che capita nel cuore della rassegna, non ci rimane che concludere con un “Vive la France” e “Vive Doisneau” (da pronunciare rigorosamente senza la s).

“Les feuilles mortes se ramassent à la pelle/ Les souvenirs et les regrets aussi”.


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