A teatro e al cinema…a piedi. Romanzo di una strage


La tragica esplosione di piazza Fontana, raccontata in un affresco epocale che non si spinge oltre una ricostruzione parziale, per quanto attenta, di un mistero che resta insoluto. Non mancano però elementi di discussione e di dibattito. Da vedere.
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romanzo strage

Marco Tullio Giordana è un regista che si è misurato spesso con la storia contemporanea, con risultati alterni.
Con “Romanzo di una strage” affronta il mistero dei misteri della nostra storia più recente, anche se sono ormai passati oltre quarant’anni. Affronta la sporca vicenda della bomba (delle bombe?) alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano del 12 dicembre 1969, della strage di stato e della strategia della tensione, rievocando fatti e persone con metodo quasi calligrafico.

I personaggi storici compaiono minuziosamente ricostruiti, a tratti quasi caricaturali (vedi ad esempio Pietro Valpreda e il misticismo estremo di Aldo Moro). E se colpisce la sobria personalità di Pino Pinelli, vittima tra le vittime, interpretato con credibile misura dall’ottimo Pierfrancesco  Favino, è indubbio che il protagonista assoluto è il commissario Luigi Calabresi, riabilitato anche grazie alla rassicurante interpretazione dell’ottimo Valerio Mastandrea a cui difficilmente si addice la parte del cattivo.

La ricostruzione della tragica fine di Pinelli sembra abbracciare le tesi ufficiali sostenute dalla polizia (compreso il grottesco contributo dell’ex direttore del carcere fascista di Ventotene, il questore Marcello Guida), malgrado il testimone anarchico Pasquale Valitutti abbia dichiarato che Calabresi da quella maledetta stanza non fosse mai uscito.

Il film racconta una storia tragicamente nota con dettagli persino puntigliosi, ricostruisce scena e retroscena, collegamenti internazionali e trame nere, ingenuità (?) anarchiche,  deliri di sinistra estrema e cinismo fascista.
Il set si sposta convulso da Milano a Roma, da Roma alla provincia veneta con inserti documentari che rendono bene il clima plumbeo di quegli anni.
Chi era giovane a Milano in quel mese di dicembre del 1969, come lo stesso regista Giordana, ricorda il senso di sgomento, di rabbia, di impotenza nei confronti di un avvenimento molto più indecifrabile e tortuoso di qualsiasi singola coscienza, di qualsiasi singola volontà.

Ma alla fine il film non convince, si ha la sensazione di un lavoro ben fatto a cui manca la passione politica e il coraggio di schierarsi sino in fondo, sembra di sfogliare un libro di storia in cui tutti sono condannati e tutti sono assolti, come per altro è accaduto nella realtà. Per dirla con una battuta: i cattivi qui sembrano essere solo antipatici.
Del resto, come è noto, la strage di piazza Fontana è restata impunita e le spese processuali sono state imputate ai parenti delle vittime.

Detto ciò, è bene che il film venga visto e commentato, soprattutto dai più giovani che, non solo per colpa loro, poco sanno della storia patria più recente. Con tutti i suoi limiti, il film ha il merito di insinuare qualche più che ragionevole dubbio su cui riflettere e discutere.

Qualche tempo fa, una seria indagine stabilì che i giovani studenti milanesi attribuivano la strage di piazza Fontana alle Brigate Rosse. E questo la dice lunga sulla necessità di fare chiarezza e portare qualche elemento a favore della comprensione di quello che è accaduto in Italia a partire dal 1969, che in parte si riverbera ancora oggi.
In “Romanzo di una strage”, insomma, sembra prevalere il romanzo rispetto alla verità storica, ma è buona cosa andarlo a vedere, ancora una volta per non dimenticare.


Romanzo di una strage
di Marco Tullio Giordana
Italia 2012
con Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino, Fabrizio Gifuni

In programmazione presso il cinema Plinius.



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