Un anno vissuto neghittosamente

Sommarie considerazioni su un anno di cinema all’insegna dell’indolenza e della svogliatezza (del cinema stesso).


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e? solo la fine del mondo immagine

Per il cinema il 2016 non è stato un anno eclatante. Anzi. Poche, pochissime le prime scelte. Tanta mediocrità e qualche occasione mancata. Tra quest’ultime, giusto per dare un inizio all’anno cinematografico, si colloca “Revenant-Redivivo” di Alejandro Gonzàles Iñàrritu che pure ha poi raccolto il premio per la miglior regia agli Oscar e quello all’ingrugnito Leonardo Di Caprio per il miglior attore. Grande spettacolo hollywoodiano e grande mestiere, ma poco altro.

E sempre in odore di Oscar (addirittura miglior film) “Il caso Spotlight” di Thomas Mc Carthy, assolutamente perdibile.

Veramente interessante invece la fugacissima apparizione sui nostri schermi di “Little Sister” del giapponese Hirokazu Kore-Edam, racconto apparentemente minimalista che invece affronta con proprietà problematiche familiari di non facile soluzione.

Calma piatta per “Joy” di David O.Russell che pur si avvale dell’interpretazione affascinante della star del momento Jennifer Lawrence. Esaltante invece per gli amanti del genere “The Hateful Eight” di Quentin Tarantino in cui si esibiscono, nella angustia di un interno claustrofobico, personaggi epocali interpretati da eccellenti attori.

Sul versante italiano, il primo film dell’anno di un certo rilievo è “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese che, con qualche limite narrativo soprattutto nella seconda parte, sfrutta al meglio un cast eccellente su cui spiccano Marco Giallini e Valerio Mastandrea. Il film, un po’ a sorpresa, vincerà anche il premio di categoria ai David di Donatello. Stendiamo velo su “Un bacio” di Ivan Cotroneo, irrisolto melodrammone giovanilista, per ricordare, pur nei limiti del prodotto, “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Gabriele Mainetti, esile film di intrattenimento in lingua e ambienti romaneschi, subissato di premi ai David (miglior regista esordiente, migliori attrice e attore protagonisti, migliori attrice e attore non protagonisti, miglior montaggio).

Mentre pressoché ignorato ai David ma vincitore dell’Orso d’oro a Berlino, si colloca tra i migliori film dell’anno “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi, straordinario racconto, forte e coraggioso, sulla tragedia dell’immigrazione nell’avamposto di Lampedusa.

Delude senz’ombra di dubbio “Ave, Cesare” della premiata ditta Coen, con interpretazione di maniera di George Clooney. Tra le piccole cose di ottimo gusto si colloca invece il film francese “Il condominio dei cuori infranti” di Samuel Benchetrit con un ottimo cast capitanato da Isabelle Huppert e Valeria Bruni Tedeschi.

Nel segnalare “Fiore” di Claudio Giovannesi, storia di amori giovanili con un defilato (è un complimento) Valerio Mastandrea, le ambizioni del cinema italiano si manifestano con veemenza in “La pazza gioia” di Paolo Virzì, importante prova d’attrice per Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, pervase da autentica follia interpretativa. Buon film corale, con il finale sbagliato (forse).

Dal Festival di Cannes arrivano il vincitore “Io, Daniel Blake” del veterano Ken Loach che nulla aggiunge alla sua cospicua e ammirevole filmografia, il piacevole “Neruda” di Pablo Larrain e il tribolato “E’ solo la fine del mondo” del ragazzo prodigio canadese (forse ormai ex) Xavier Dolan.

In concorso a Cannes c’era anche uno dei migliori film in assoluto della stagione, silenziosamente ignorato dalla improbabile giuria. Ci stiamo riferendo a “Paterson” di Jim Jarmusch, un autentico piccolo capolavoro di narrazione poetica.

Fugace ma meritoria apparizione in sala per il documentario di Silvio Soldini “Il fiume ha sempre ragione” che stimola lo sviluppo di un rapporto estetico/artigianale tra due eccentrici stampatori, l’italiano Alberto Casiraghy e lo svizzero Joseph Weiss. Da un’idea del nostro Giovanni Bonoldi.

Agghiacciante e tutto sopra le righe il “Ma Loute” del francese Bruno Dumont dove il grottesco perde persino il senso di sé, con un eccessivo Fabrice Luchini, un’algida Juliette Binoche e l’immancabile (per il cinema francese, almeno) Valeria Bruni Tedeschi.

L’attenzione si sposta poi sui film presentati al Festival di Venezia da cui però emerge ben poco. I premi principali sono andati al lunghissimo film filippino (226 minuti) “The Woman Who Left” di Lav Diaz, che molto difficilmente uscirà sui nostri schermi, e a “Animali notturni” di Tom Ford che pure qualche successo di pubblico e di critica lo ha riscosso. Prendete buona nota invece che a febbraio prossimo, sempre proveniente da Venezia, uscirà il curioso film belga “King of the Belgians” (da noi ribattezzato “Un re allo sbando”) di Peter Brosens e Jessica Woodworth. Godibile.

Tra le ultime segnalazioni, più nel male che nel bene, ecco il drammone “Julieta” di Pedro Almodòvar e il fuori categoria “Quo Vado?” con l’ineffabile Luca Pasquale Medici alias Checco Zalone. Quando un film italiano incassa in patria oltre 65 milioni di euro (record dei records) cos’altro resta da dire?

Ecco. Secondo noi, con molte omissioni (per via della sommarietà) e molti film volutamente non visti.

I tre migliori film apparsi sui nostri schermi nel 2016? Nell’ordine: “Paterson”, “Fuocoammare”, “E’ solo la fine del mondo”.

Per completare il nostro piccolo viaggio nel cinema del 2016, abbiamo posto un paio di questioni a Stefano Losurdo, segretario regionale di Agis-Agenzia generale dello spettacolo.

Sicuramente informato dei fatti che riguardano il cinema milanese, Losurdo ci ha detto che:” Il 2016 ha visto un aumento del 5% dei biglietti venduti nel 2015 che già aveva recuperato rispetto al modesto 2014, un dato positivo che però ha beneficiato del grande successo di Checco Zalone che oggettivamente ha dato un contributo determinante al box office 2016”.

Alla domanda ”Al di là della chiusura del cinema Apollo e dell’ampliamento del cinema Anteo, nel 2017 ci saranno altre novità nelle sale milanesi?”, Stefano Losurdo ha così risposto:” Nel settembre del 2017 è prevista l’apertura di una nuova multisala di sette schermi in piazza Tre Torri che sarà gestita dall’Anteo e che avrà quindi una programmazione curata che ci aiuterà a superare lo sconforto per la chiusura dell’Apollo. Inoltre la multisala Colosseo prevede l’ampliamento con l’aggiunta di una sesta sala, anche questa votata al cinema di qualità”.

Buone notizie dunque per i cinefili milanesi. Sperem.


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