Paterson

Un antiretorico film di Jim Jarmusch che aiuta a riflettere sui valori veri dell’esistenza, lontano dai clamori e dalle esasperazioni a cui certo cinema e certa letteratura ci hanno ormai abituato. La poesia è un ottimo rimedio per molti mali. ()
Paterson immagine

In un Natale alquanto avaro di buon cinema, ci si spinge oltre confine per raggiungere un film che è semplicemente molto bello se non addirittura bellissimo. Un’opera apparentemente costruita sul nulla che, attraverso un’accuratissima semplicità, restituisce i valori più confortanti e decisivi della poesia, insostituibile compagna di vita.

Paterson (Adam Driver, un nome perfetto per il ruolo) fa il conducente dell’autobus della linea 23 a Paterson (New Jersey). Quando non è alle prese con il traffico cittadino, annota sul suo taccuino piccole poesie che rappresentano la sua sublimazione della quotidianità.

Nella ricorrente scansione dei giorni della settimana, Paterson divide la sua vita con Laura, una bella ragazza, pervasa da sogni velleitari, rigorosamente in bianco e nero, che costituiscono la sua innocente perversione (realizza tende e tappeti, cucina dolcetti, impara a suonare la chitarra, una Arlecchino a scacchi bianchi e neri, con la non celata speranza di diventare acclamata cantante country). Con loro vive, incombente presenza vessatoria, un piccolo e ringhioso bulldog.

Nell’apparentemente angusto mondo di Paterson ci sono colleghi afflitti da turbolenze familiari, gestori di bar con spiccata vena filosofica, amanti litigiosi e ricorrenti coppie di gemelli di ogni età e di ogni sesso.

Ci sono soprattutto coloro che usano il bus numero 23 e che durante il tragitto raccontano le loro piccole storie di amori e di sogni mai realizzati a cui anche Paterson attinge per le sue poesie.

In un contesto in cui sembra non accadere nulla se non la routine quotidiana fatta di piccoli gesti e parche parole, si inseriscono quasi casualmente anche grandi storie che hanno visto la cittadina di Paterson protagonista.

Sul bus, viene ricordato il pugile Rubin “Hurricane” Carter, che a Paterson venne arrestato per presunto omicidio, a cui Denzel Washington ha prestato il volto al cinema e a cui Bob Dylan ha dedicato una bellissima ballata.

E sempre sul bus, due giovanissimi sedicenti anarchici (gli attori Kara Hayward e Jared Gilman, già fidanzatini in “Moonrise Kingdom” di Wes Anderson) rievocano la vicenda di Gaetano Bresci, l’anarchico italiano emigrato giusto a Paterson, che uccise il re Umberto I a Monza per vendicare gli eccidi milanesi del generale sabaudo Fiorenzo Bava Beccaris.

Su tutto e, soprattutto, sul protagonista aleggia la grande poesia di William Carlos Williams che a Paterson dedicò il suo poema più importante e quella di Allen Ginsberg che, oltre a essere stato allievo di Williams, visse a lungo proprio a Paterson.

E per dirla tutta, di Paterson era anche l’attore comico Lou Costello che in coppia con Bud Abbott erano conosciuti da noi come Gianni e Pinotto, una sorta di Stanlio&Ollio più carnali e grossolani.

Il microcosmo di Paterson segna i tempi e le stagioni del protagonista e lo influenza nelle sue non scelte che si rivelano invece essere consapevoli schieramenti di campo.

Uno spiacevole, quanto ironicamente decisivo episodio di cui non diremo, sembra far crollare tutte le certezze del conducente di bus Paterson che ritrova invece ancora la forza per affrontare, grazie alla poesia, la sua illuminante e illuminata routine quotidiana.

 

Un film coraggioso, dedicato a tutti coloro che non si fanno abbagliare dalle perniciose frenesie della vita moderna (telefoni cellulari compresi).


Paterson

 

di Jim Jarmusch

con Adrian Driver, Golshifteh Farahani, Barry Shabaka Henley

USA 2016 113’

In programmazione nei migliori cinema della città.

 

(Massimo Cecconi)


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