Workshop Scali. Un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto

Allo Scalo Farini il Workshop sul futuro sviluppo degli scali ferroviari milanesi. Una grande partecipazione di pubblico ad un evento di grande importanza, non solo per Milano. ()
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Dal 15 al 17 dicembre scorso si è svolto il Workshop organizzato da FS Sistemi Urbani in collaborazione con il Comune per avviare un dibattito ed un confronto pubblico sulle future trasformazioni dei 7 scali ferroviari milanesi, una superficie totale pari a circa un milione e duecentocinquantamila metri quadrati di aree dismesse dalle Ferrovie dello Stato, inglobate nel tessuto urbano della città, il cui futuro sviluppo potrà influire in modo determinante sull’aspirazione di Milano e della grande area metropolitana a competere a pari livello con le altre maggiori città europee, una competizione che si giocherà sulla capacità di attrarre risorse economiche, culturali e sociali.

Confesso che la mia personale impressione è stata quella di trovarmi di fronte ad un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto.

Il convegno è stato molto ben organizzato da FS Sistemi Urbani, la società delle FS che ha in carico questa operazione, sfruttando in modo provvisorio, ma efficace, i capannoni oggi inutilizzati dello Scalo Farini. Nel corso della prima giornata rappresentanti delle istituzioni, esperti e personalità italiane e straniere sono intervenute per inquadrare i temi, le problematiche, gli sviluppi futuri prevedibili di cui tener conto per definire i progetti di trasformazione degli scali.

L’assessore all’urbanistica Pierfrancesco Maran ha dichiarato che con questo Workshop si intende aprire un percorso per definire in tempi brevi, entro l’estate, un Accordo di Programma con FS Sistemi Urbani sulla base delle linee programmatiche appena deliberate all’unanimità in consiglio comunale. Ha ribadito a più riprese la volontà dell’amministrazione di voler sollecitare l’interesse dei cittadini, assicurare un ampio grado di partecipazione e aprire un confronto e un dibattito pubblico, che saranno decisivi per la definizione dell’Accordo di Programma. Mentre Carlo De Vito, ad di FS Sistemi Urbani, ha precisato poi che gli obiettivi delle FS sono quelli di realizzare plusvalenze per ampliare l’offerta di mobilità del settore pubblico; la trasformazione degli scali è un’occasione per realizzare questi obiettivi. I cinque team multidisciplinari di progettazione invitati da FS Sistemi Urbani avranno il compito di elaborare cinque visioni della città, tenendo conto delle analisi e degli studi già fatti, visioni che verranno messe a disposizione dell’amministrazione comunale. Come verranno conciliati gli scenari proposti con un “work in progress” sviluppato nel corso del confronto e dell’auspicabile dibattito pubblico condotto dall’amministrazione resta da capire.

Interessanti le analisi e le sollecitazioni ricevute dagli esperti intervenuti nella mattinata di giovedì 15 dicembre, che brevemente citiamo qui di seguito.

Hanno riguardato le previsioni relative allo sviluppo demografico e insediativo nell'area milanese dove si sta verificando un’inversione di tendenza rispetto al passato, la popolazione in città sta aumentando e l’età media dei nuovi residenti diminuisce. Le grandi città continueranno a crescere e Milano potrà arrivare ad includere, in una futura rete di interconnessioni di trasporto pubblico su vasta scala, dieci milioni di abitanti;  da qui la necessità di pianificare lo sviluppo in modo innovativo commisurandolo agli scenari futuri (Lorenzo Bellicini, CRESME).

Per garantire queste future esigenze di mobilità si dovrà poter contare su uno sviluppo integrato delle reti di trasporto pubblico e si propone quindi la realizzazione di una “circle line” per completare l’interconnessione tra linee ferroviarie e linee metropolitane, da inserire come elemento essenziale nei progetti di trasformazione degli scali (Cinzia Farisé, ad Trenord).

La visione della futura città, in grado di sostenere la competizione internazionale, dovrà scaturire da una partecipazione corale, come avviene in tutte le grandi città protagoniste della scena mondiale, e occorre stabilire i processi partecipativi da mettere in atto, non calati dall’alto, ma in grado coinvolgere tutti gli interessi in gioco, individuando i percorsi appropriati. La sostenibilità dei progetti dovrà essere declinata nelle vocazioni particolari dei diversi scali, caratterizzati ciascuno da diverse peculiarità e identità (Mario Abis, presidente Makno)

L’accessibilità dovrà essere valorizzata e introdotta come elemento architettonico, sperimentando nuovi criteri per diventare bellezza (Lisa Noja, delegata del sindaco per la pari opportunità).

Milano vede fenomeni di urbanizzazione discontinui, più aree in cerca di funzioni che funzioni in cerca di aree, occorre tenerne conto, privilegiare il recupero del verde e l’integrazione degli scali con i parchi esistenti, pianificare strategie flessibili in grado di fronteggiare situazioni mutevoli con un approccio orientato alla domanda (Franco Sacchi, Centro Studi PIM)

Importante la relazione sul lavoro svolto dal Politecnico (Gabriele Pasqui), già inserito nella documentazione a corredo dell’Accordo di Programma non approvato dalla scorsa amministrazione, un lavoro di ascolto del territorio, in cui venivano precisati gli obiettivi del processo di indagine, la rete di attori interessati, in cui si sono concepiti gli scali come spazi aperti, come strumenti di connessione urbana a vocazione pubblica. Indagine sul territorio condotta durante un anno circa, poiché l’ascolto richiede tempi lunghi, dopo aver mappato le associazioni e le realtà presenti.

Lavoro che è servito a comprendere come il sapere dei soggetti locali sia uno strumento molto importante poiché lì ci sono conoscenze che i progettisti non hanno. Lavoro servito a mettere a disposizione le informazioni per suggerire linee guida rilevanti per il lavoro dei progettisti, a far emergere criticità e problemi diversi scalo per scalo, a cogliere l’importanza della memoria storica del passato su cui innestare il nuovo. E' apparsa evidente la necessità che siano i municipi i primi protagonisti in questa fase di indagine e ascolto, in modo che insieme all’amministrazione centrale possano produrre una visione con una regia pubblica, svolgendo il tema della partecipazione non come esercizio retorico, ma come modalità con cui costruire dentro un’arena pubblica, consapevole e informata all’interno della città, una trasformazione di così grande rilievo. Processo che non si può esaurire in tre giorni e dovrà proseguire in tante altre occasioni. Quello che verrà elaborato non servirà allora solo a fornire una base per i progetti ma anche a consolidare e rinnovare forme di democrazia locale nella nostra città.

E’ stata poi ricordata l’importanza di un uso temporaneo degli scali. I progetti definitivi e i piani di attuazione avranno tempi lunghi e non va persa l’occasione di utilizzare gli spazi vuoti per servizi, eventi, manifestazioni e attività da inserire negli scali, non solo per evitare il degrado degli ambienti, ma per la loro valorizzazione e per sfruttarne la temporanea disponibilità (Isabella Inti, presidente Temporiuso)

Sono state presentate alcune esperienze estere (Londra, Copenaghen….) e mi soffermo solamente sull’intervento di Josep Acebillo, urbanista catalano, poiché ha sollevato la questione della natura e del ruolo della committenza e come in un contesto pubblico e nell’attuale stagione socio-economica di grande incertezza sia arduo individuare e svolgere questo ruolo, che resta comunque il primo problema da risolvere, tenendo conto di alcune condizioni imprescindibili.

Innanzitutto la contestualizzazione dei luoghi, poiché ogni luogo è particolare, non è generico, ogni città è diversa e identica a nessun altra, è una realtà complessa, gli interventi di trasformazione urbana devono valutare e tener conto di questa complessità, la struttura di una città è fatta di pieni, ma è più caratterizzata dai suoi vuoti, che diventano un elemento sostanziale del tessuto urbano.

Sia chiaro che è il committente che deve dire cosa si deve fare, il progettista e l’architetto diranno poi come, e bisogna anche aver discusso e definito prima entro quale sistema di valori, di “capitale sociale” ossia di mix virtuoso di economia, cultura, saperi, storia vogliamo operare per creare spazi urbani come strutture di relazione tra i cittadini che le abitano. Gli interventi di questa portata possono aver successo solo dopo aver definito l’impostazione sociale, culturale, economica secondo cui devono essere modellati. Non sono state accolte con lo stesso favore le posizioni di Acebillo sulla questione del verde, che come urbanista non considera un elemento necessario allo spazio urbano.

Nel pomeriggio del 15 e per tutto il venerdì 16 dicembre ha avuto luogo il Workshop, suddiviso in cinque tavoli tematici, in cui i partecipanti potevano esprimere opinioni e pareri in merito alle scelte degli obiettivi, delle condizioni, degli elementi indicatori di successo degli interventi di trasformazione degli scali.

In ciascun tavolo si è trattato una tema, la città delle connessioni, la città delle culture, la città delle risorse, la città del verde e la città del vivere. Il lavoro svolto, presenti i cinque team leader e altri coordinatori, sarà reso disponibile sul sitowww.scalimilano.visionentro tre mesi circa.

Ho partecipato nella giornata di venerdì al tavolo del vivere, il tavolo in cui si dovevano affrontare le questioni di natura più strettamente urbanistiche concernenti gli indirizzi, i programmi, le scelte progettuali per arrivare a definire gli scenari, o per meglio dire i master plan (?) dei sette scali, e qui, forse a differenza che in altri tavoli, sono emersi in tutta evidenza alcuni nodi, solo accennati negli interventi di alcuni relatori.

Innanzi tutto è apparso chiaro che non ha senso promuovere un confronto e una discussione in mancanza del committente, di cui dovrebbe essere assolutamente chiara la natura e il ruolo. Il committente è FS Sistemi Urbani, soggetto di diritto privato, che ha in carico terreni pubblici, ad esso conferiti, immaginiamo senza esborsi, dal gruppo pubblico Ferrovie dello Stato, di cui FS Sistemi Urbani fa parte, o il committente è anche in qualche misura l’amministrazione comunale in vista dell’Accordo di Programma che si vuole sottoscrivere, la quale pertanto apre un confronto pubblico e un dibattito aperto con la cittadinanza? Sono questioni da dirimere quanto prima possibile, sia in relazione alla natura privata della committenza FS Sistemi Urbani, sia al ruolo dell’amministrazione. Alle obiezioni di questo tipo è stato risposto che questa procedura è stata scelta per arrivare in tempi brevi ad un Accordo atteso da anni e dare inizio ad una trasformazione di cui potrà beneficiare la città; benissimo purché non sorgano impedimenti proprio a causa di una procedura viziata da contraddizioni evidenti.

Quanto poi all’incarico conferito ai progettisti per definire gli scenari di trasformazione degli scali senza alcuna consultazione pubblica, come avverrebbe di regola in tutte le altre grandi città europee con le quali Milano si vuole misurare, sembra di capire che si tratta di un complesso lavoro di analisi, studio e progettazione. Ma quali sono gli indirizzi di visione strategica che spetterebbe al committente definire e che invece sembra debbano emergere in una certa misura dal percorso di discussione e confronto con la cittadinanza? Di nuovo siamo di fronte a evidenti contraddizioni.

Gli studi di progettazione dovranno in tre mesi presentare gli scenari in base ai quali verrà definito l’Accordo di Programma, a valle del quale verranno poi indetti i concorsi pubblici; si tratta evidentemente di scenari che dovranno contenere non solo indicazioni qualitative e di indirizzo, ma progetti organicamente concepiti, che permettano di stimare le plusvalenze a cui si mira. Come ha anche apertamente ammesso Elisabetta Tagliabue, una delle firme incaricate da FS Sistemi Urbani, che, sia al tavolo di lavoro di lavoro della Città del vivere, sia durante la conclusione finale del Workshop, ha dichiarato di essere stata incaricata di redigere un progetto di trasformazione e illustrato la molteplicità di competenze messe insieme dal proprio team per svolgere l’incarico. In futuro a questi studi, una volta definito l’Accordo di Programma, non dovrà essere evidentemente concesso di partecipare ai concorsi di progettazione che verranno indetti. 

Altro punto da chiarire resta poi quello della partecipazione. Abbiamo apprezzato in questo Workshop lo sforzo compiuto per aprire un confronto pubblico con la cittadinanza, ma ci auguriamo che facendo i prossimi passi si espongano con chiarezza i criteri e le modalità entro cui il percorso partecipativo (che nel caso della elaborazione degli scenari degli scali ci sembra quasi improponibile) verrà condotto o con quali regole si vorrà aprire un dibattito pubblico che non sia retorico, ma realistico e concretamente percorribile. Ricordiamo che ad esempio il débat public previsto in Francia avviene dopo la presentazione dei piani di intervento e sui progetti preliminari, esaminandone i contenuti ed entrando nel merito delle scelte fatte.

Sulle questioni sopra citate vorremmo ritornare a breve, nell’interesse dei cittadini e dell’amministrazione; siamo, a quanto pare, solo all’inizio e strada facendo si potranno chiarire e superare la molte criticità emerse, se vorremo cogliere questa come un’occasione di crescita della democrazia, che nell’attualità sono i modi di agire la cittadinanza.