Un voto per preservare Città Studi, luogo del cuore

La campagna “Luoghi del cuore” lanciata dal FAI sta per finire, ma sino al 30 novembre c’è tempo per votare CITTA’ STUDI, LE SEDI STORICHE DELL’UNIVERSITA’ STATALE, il nostro luogo del cuore.


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Ho ricevuto da un amico l’invito a sostenere Città Studi partecipando ad una campagna lanciata dal FAI, sin dallo scorso maggio, votando per Città Studi, Le sedi storiche dell’Università Statale, “luogo del cuore”.

Come non approfittare di questa occasione per ribadire a chi sta pensando di lasciare Città Studi per altri lidi che questa parte della città sta molto a cuore ai suoi abitanti, per far conoscere una patrimonio di valore storico, per ricordare che l’eredità del passato è un bene da salvaguardare non solo per l'intrinseco valore architettonico, ma anche per il valore simbolico che i luoghi assumono nella coscienza comune e nel sentimento di appartenenza che fanno nascere in chi li vive. I tempi e le esigenze cambiano, ma non per questo si deve stravolgere la vocazione e la natura dei luoghi alterandone sostanzialmente “le destinazioni d’uso”.

E’ questo che i cittadini di Città Studi temono e che quasi sicuramente avverrà se i progetti di trasferimento verranno gestiti con le intenzioni che abbiamo letto sulla stampa e sentito anche nella recente assemblea pubblica svoltasi all’Auditorium di via Valvassori Peroni.

Che senso ha costruire all’altro capo della città nuovi laboratori e strutture solo perché si è fatto l’errore di acquistare terreni “a debito”, a prezzi fuori mercato, senza dare al progetto iniziale una prospettiva di sviluppo futuro? E per far questo deprimiamo e snaturiamo una parte viva e vitale della città?

La Repubblica tempo fa ha titolato il progetto di trasferimento delle facoltà scientifiche della Statale,come “un grande sogno da 380 milioni di euro”. Il ministro Martina, membro del governo in carica, ha espresso l’ipotesi di coinvolgere la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) per acquisire le aree che saranno lasciate libere in modo da sostenere le operazioni immobiliari con cui recuperare parte dei vecchi (area Expo) e nuovi investimenti (trasferimento Città Studi) necessari ad effettuare l’operazione.

Non ci sembra che la CDP abbia come missione statutaria quella di favorire le speculazioni immobiliari utilizzando fondi pubblici e comunque viene da domandarsi: di chi è la città?

Appartiene ai cittadini o ai grandi investitori in grado di acquisire vaste aree in vista di una buona occasione per realizzare un buon affare?

Operazioni di questo tipo non possono avvenire senza svuotare di senso e snaturare l’identità originaria dei luoghi, senza saper mantenerne intatta la storia e la vocazione urbana di un sistema complesso fatto di molteplici elementi, strade, edifici pubblici e privati, strutture di servizio, come avverrebbe a Città Studi. Gli interventi immobiliari attuati in base ad una logica di mercato, avendo di mira il profitto, come è logico che sia, e non potrebbe essere altrimenti, tendono a cancellare il presente senza mantenere una continuità con il passato, tendono ad espellere l’esistente, a creare difformità e disuguaglianze. In un mercato che oggi poi non esiste, se non nelle intenzioni di chi lo promuove.

In tempi di crisi edilizia derivante dalla diminuita disponibilità economica delle famiglie per l'acquisto di immobili, come dimostrano gli innumerevoli casi da cui siamo circondati, l’idea della grande operazione immobiliare non verrebbe di certo in mente ad un investitore privato, ma evidentemente questo è un riscontro con la realtà che non preoccupa l’operatore pubblico.

Forse abbiamo perso la capacità di meravigliarci se da parte di chi ha la responsabilità delle decisioni, sia politiche che amministrative, e degli organi di stampa più autorevoli nessuno ha il buon senso di rilevare la inconsistenza dei presupposti economici del trasferimento da Città Studi a Expo delle facoltà scientifiche della Statale. Per mettere una pezza ad un errore iniziale, si vuole ricorrere ad un rimedio che non  sul regge sul piano economico.

Ancora più grave diventa poi la mancanza di rispetto del contesto urbano sul quale si vuole intervenire, l’assenza di una visione politica rispettosa della qualità urbana e delle ricadute sul territorio. E’ in discussone in questo momento il recupero e la trasformazione degli scali ferroviari, terreni in sostanza del demanio pubblico, e l'utilizzo di grandi aree dismesse nell’ambito circostante, non ci sono abbastanza spazi per lo sviluppo delle attività didattiche e scientifiche dell’Università Statale salvaguardando la sua storia e la continuità di legame con il territorio?

Sarà bebe certo votare per Città Studi “luogo del cuore”, ma mi sembra anche sia giunto il momento di dare vita a un comitato cittadino per salvare Città Studi, come il FAI stesso invita a fare per la salvaguardia dei luoghi del cuore. Qui non si tratta solo di un luogo del cuore, ma di una parte viva e vitale della nostra città.

Abbiamo notato sul web, tra i lettori, tra i cittadini intervenuti alle assemblee indette sull’argomento tante manifestazioni di interesse e disponibilità ad avviare un’azione comune; ci mettiamo a disposizione per organizzare un incontro aperto alla cittadinanza raccogliendo le adesioni che ci perverranno tramite i commenti a questo articolo.



PS: si può votare al sito

 http://iluoghidelcuore.it/

 




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