Accordo sui derivati, un modello nazionale?

Davide Corritore, direttore generale del Comune, può essere soddisfatto. L'accordo sui derivati a debito di Palazzo Marino concluso giovedì 22 marzo con le quattro banche creditrici non solo porta al Comune 455 milioni e altri 80 di investimenti. Ma viene giudicato come un modello di riferimento da Moody's. Se generalizzato il metodo adottato dalla giunta Pisapia potrebbe persino portare in futuro a un minor costo dei debiti pubblici.
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Moody’s , il cerbero della finanza internazionale, per una volta si è espressa positivamente su un’operazione italiana. Guarda caso costruita dall’amministrazione comunale di Milano, e dalla tenacia del suo direttore generale, Davide Corritore. Un giudizio positivo che potrebbe avere riflessi inaspettatamente benefici non solo per le finanze della città, ma anche a livello nazionale, con valutazioni di credito più favorevoli per altre amministrazioni e infine persino a livello centrale. Vediamo perciò di capirci qualcosa, nella selva piuttosto intricata di termini finanziari che costella l’intera operazione.

 Partiamo da giovedì scorso 22 marzo, il momento in cui il Comune è riuscito, dopo diversi mesi di trattative, a chiudere l’accordo sul debito (bond) acceso da Palazzo Marino nel 2005 (giunta Albertini) per 1,685 miliardi con connesso derivato (scommessa assicurativa) sui tassi di interesse variabili connessi a questo bond (se i tassi salgono oltre una certa soglia ci guadagnano le banche, se scendono ci guadagna il Comune). 1,685 miliardi da ripagarsi in trent’anni. Ma, così, a un costo del debito di fatto impredicibile.

La magistratura di Milano aveva a suo tempo aperto un’inchiesta su questa operazione finanziaria, altamente onerosa per il Comune. E nel 2008 il Governo, di fronte a molti altri casi di indebitamento pubblico locale a derivati (oggi sono 17 miliardi), decise il divieto di altre operazioni di questo tipo.

Corritore però, pur essendo stato da consigliere di opposizione la fonte prima delle denunce contro l’operazione milanese, appena approdato a Palazzo Marino cominciò a lavorare a un accordo innovativo sulla spinosa questione. Al centro della sua proposta alle quattro banche creditrici (Depfa., Deutsche Bank, JPMorgan, UBS) la “normalizzazione” del bond da tasso variabile a tasso fisso (il 4%). In questo modo, favorevoli le quattro banche, il derivato-scommessa sui tassi di interesse non era più necessario, ed è stato liquidato nella seduta del 22 marzo.

Risultato: complici tassi di interesse ai minimi storici un ricavo di 455 milioni (piuttosto preziosi oggi) entrati nel patrimonio comunale sotto forma di deposito in titoli di stato italiani (Btp) presso le stesse quattro banche. Più 40 milioni liquidi per rimpolpare il bilancio corrente. E, in aggiunta, la liberazione di oltre 80 milioni prima congelati dal Comune nel fondo rischi sui derivati.

Vi sembrerà molto tecnico tutto questo. Ma in realtà sotto sotto è semplice. Le quattro banche citate stavano rischiando non poco in caso di condanna nell’azione giudiziaria aperta dalla Magistratura di Milano. In caso di truffa ai danni dello Stato vi è infatti l’annullamento della licenza, per questi istituti di credito giganti, a operare nel nostro paese.

Meglio non correre rischi e assicurarsi una sanatoria giudiziaria completa da parte del Comune (ottenuta) in cambio di un accordo non onerosissimo, che rinuncia di fatto solo ai picchi più speculativi del contratto a derivati iniziale. E senza indennizzi o altro che potrebbero suonare come ammissioni di colpa.

Una soluzione piaciuta a Moody’s che di fatto propone l’accordo milanese anche per altri casi (come Firenze o la regione Piemonte) dove invece finora il problema dei derivati è stato affrontato unilateralmente e d’imperio, con blocchi dei pagamenti o annullamento dei contratti di swap. Questo ha contribuito all’abbassamento del rating di questi enti locali, con conseguente maggior costo nella gestione del debito.

E’ un segnale significativo (piaccia o meno Moody’s e le altre agenzie di rating fanno i prezzi finanziari internazionali). E una chiusura “concordata” della vicenda derivati nella pubblica amministrazione locale italiana potrebbe essere la base, insieme a politiche di bilancio più equilibrate, persino per un’inversione di tendenza nei rating italiani. Con conseguente minor costo delle finanze locali, minori tasse, più investimenti per i cittadini.  


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Re: Accordo sui derivati, un modello nazionale?
29/03/2012 Gianluca Bozzia
+120 milioni in cassa nel 2012
+455 milioni in BTP incassabili negli anni
= W DAVIDE CORRITORE
Diciamo a Tabacci di portare qualche risultato con la spending review e lasciare stare l'IMU, altrimenti per dire sempre no e fare il bilancio quando ha tempo, può anche starsene in Commissione Bilancio alla Camera.
Gianluca


Re: Accordo sui derivati, un modello nazionale?
29/03/2012


 
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