Il giardino dei ciliegi
C’è bisogno di buon teatro. Di quel teatro che racconti storie importanti, non banali, in cui i personaggi interpretino valori, o anche disvalori, personali ma anche universali. Un teatro ben fatto di luci e di scene, di costumi e di dettagli. Certo è fondamentale che esista un buon testo che descriva ed evochi, ammicchi e definisca, colori e scolori. Un teatro dove è sempre più apprezzabile levare piuttosto che aggiungere, senza fastidiosi clamori, senza inutili e impropri stupori.
“Il giardino dei ciliegi” di Anton Cechov è un’opera che si presta perfettamente a fare dell’ottimo teatro.
C’è la storia, con la S maiuscola, di un’aristocrazia decadente contrapposta a una borghesia rampante, ci sono le speranze e i sogni infranti di adulti e di giovani, ci sono mille parole non dette che lasciano aperte ferite insanabili. E poi c’è, sovrano, il tempo che passa inesorabilmente, scandito da una invisibile orologio a pendolo.
Nella versione del “Giardino” riproposta oggi dal Teatro dell’Elfo, dopo la prima edizione di dieci anni fa, ci sono tutte le caratteristiche del buon teatro attraverso la scansione misurata e ben definita di una vicenda nota, rientrando il dramma tra le opere considerate classiche.
La distribuzione collaudata degli interpreti permette a Ida Marinelli di esprimersi senza smancerie in una sgomenta e disarmante Ljuba e a Elio De Capitani di sottolineare al meglio tutte le debolezze e le incertezze umane ed esistenziali del fratello Gaev. Con i loro personaggi tormentati, Elena Russo Arman (Varja) e Federico Vanni (Lopachin) ben manifestano tutte le contraddizioni di ruolo e di stato.
Il giardino dei ciliegi (ma il titolo originale parla di visciole), grande metafora della vita, verrà inesorabilmente abbattuto perché, come suol dirsi, non si può fermare il vento, gli si può solo far perdere tempo.
Scrive Ferdinando Bruni nelle sue lucide note di regia:” La voce di Anton Cechov è limpida e chiara. Abbiamo cercato di ascoltarla e di lasciarla parlare attraverso lo spettacolo senza presumere che la nostra mediazione e la nostra lettura fossero più interessanti di questo testo miracoloso. Siamo entrati nel Giardino in punta di piedi, cercando di coglierne la grande bellezza poetica, ma anche la grande concretezza di specchio della vita reale”.
Come dice qualcuno: il teatro libera la mente. Mai tanto vero come in questo caso.
Da vedere. Nulla di più. Nulla di meno.
di Anton Cechov
regia di Ferdinando Bruni
con Ida Marinelli, Elio De Capitani, Federico Vanni, Elena Russo Srman, Liliana Benini, Luca Toracca, Corinna Agustoni
www.elfo.org