Rivoluzione verde in Buenos Aires?
In pratica: dall’anno prossimo Corso Buenos Aires ha di fatto luce verde per istituzionalizzare le sue domeniche pedonali. Il primo passo, sperano in molti lungo il corso, di un’autentica rivoluzione. Che, lungo un percorso graduale, potrebbe portare la principale arteria commerciale milanese a uno status analogo a quello di Via Dante o Corso Vittorio Emanuele.
E’ dall’aprile scorso che la questione si è messa in moto, con un sorta di effetto palla di neve. Primo atto, per andare a sommi capi, l’inaugurazione dei lavori di riarredo urbano (marciapiedi più ampi e moderni, in primis) eseguiti dalla Giunta Moratti. E la scoperta, per molti imprenditori e commercianti della via, di un’appetibilità nuova del corso, una volta liberato dal fiume di automobili che lo percorre ogni giorno.
Di qui l’idea di domeniche ecologiche, ammesse solo le biciclette, e l’avvio di un’iniziativa promossa in un informale “Club mangia & bevi” che in realtà associava i maggiori bar del corso insieme al "comitato dei cittadini Venezia Buenos Aires".
A maggio però tutto è stato coperto dalla campagna elettorale per le comunali. Tante parole dalla giunta uscente ma pochi impegni. Però la simpatia di un candidato dell’opposizione, Pierfrancesco Maran che, una volta divenuto a luglio assessore alla viabilità, ribadiva ufficialmente il suo appoggio al progetto. Avviando una prima fase di sperimentazione, dodici mesi a partire da questo autunno. "E anche ora, in previsione della domenica a piedi del 20 novembre ci ha inviato il via libera – spiega Paolo Uguccioni, presidente del comitato Venezia-Buenos Aires _ peccato l’abbia fatto solo via sms".
Il sogno del salotto Baires
Quello che i promotori della pedonalizzazione vorrebbero è in realtà un po’ di più. Una sorta di progetto strategico, pluriennale, fino alla trasformazione radicale del corso.
"I primi esperimenti degli scorsi mesi di domeniche a piedi hanno cambiato molte opinioni tra i commercianti di Baires _ spiega Paolo Della Valle, proprietario del bar “Mirò” e a tra i protagonisti dell’iniziative di maggio _ si sono accorti che un Corso Buenos Aires a misura di famiglie con carrozzine, di silenzio e di tranquillità è un’altra cosa. E non solo per le maggior vendite. Oggi stimiamo che l’80% dei colleghi sia dalla nostra parte. E solo un 20% resti su posizioni più tradizionaliste".
Un consenso che molti vorrebbero estendere ben oltre le singole domeniche sperimentali. "Sono dieci anni che sostengo la pedonalizzazione del corso, dati gli ottimi risultati ottenuti in altre vie del centro _ dice Uguccioni _ ora partiamo con le domeniche a piedi, con forte contenuto culturale e ricreativo. Poi dal 2013 i week-end, sabato e domenica. 2014: una settimana pedonalizzata e una no. E vediamo quello che succede. E dal 2015, con l’Expo, la pedonalizzazione permanente".
Un percorso ambizioso, che affascina molti ma che solleva anche tanti sopraccigli. Soprattutto in tema di viabilità. Oggi Corso Buenos Aires “smaltisce” circa 140mila auto al giorno. Una volta chiuso, questa marea di automobili dove andrebbe a riversarsi? "Non certo in strade limitrofe come Via Morgagni – osserva Nicola Natale, consigliere di zona 3 _ sarebbe semplicemente un disastro".
"C’è tutto il tempo, da qui al 2015, per sviluppare un piano di mobilità coerente con l’obbiettivo della pedonalizzazione – dice Uguccioni – la nostra è una tabella di marcia graduale".
"Si può affrontare il nodo solo nella prospettiva dell’estensione della area Ecopass oltre il centro cittadino – scrive Michele Sacerdoti in un dibattito in tema su PartecipaMi – secondo il dettato del referendum dello scorso giugno".
1500 posti di lavoro in più
Se il nodo è grosso lo sono anche i benefici potenziali. L’associazione dei bar di Corso Buenos Aires ha stimato, nelle prime domeniche pedonalizzate, incrementi di fatturato con punte persino del 30%.
Non si tratta ovviamente di stime ancora affidabili. "Ma le esperienze sia estere che milanesi di vie commerciali chiuse al traffico ci dicono che cifre di questo genere sono plausibili. E se generalizzate per tutto l’anno – dice Uguccioni - significherebbe che i 5mila addetti commerciali del corso potrebbero crescere di oltre un migliaio. Infatti riusciremmo ad evitare che la gente il sabato e domenica vada negli outlet di Fidenza e altrove. Mantenendo su Milano i compratori qualificati. Secondo. Anche in una zona semiperiferica o semicentrale riusciremmo a essere come nel centro. Trasformeremmo Corso Buenos Aires in una sorta di Corso Vittorio Emanuele popolare. Dove le famiglie vengono qui e possono camminare con il passeggino. Tavolini da tutti le parti, gente che fa spettacolo….Come altre città europee, come Parigi o Londra, che oggi hanno zone pedonali enormi. Poi c’è un terzo beneficio: la maggiore attrazione verso i grandi marchi. Se infatti posso spalmare un affitto di negozio da 200-300mila euro su trenta invece di 25 giorni posso investire di più su grandi punti vendita attrattivi. Con un effetto positivo per tutto il corso".
Solo affari all’orizzonte? "L’asse Loreto-Venezia-San Babila è oggi, dalle cifre del nostro ultimo censimento, il principale asse di percorrenza dei ciclisti a Milano _ spiega Eugenio Galli, presidente di Ciclobby _ mentre nel complesso della città quest’anno gli spostamenti in bicicletta casa-lavoro sono aumentati di un 8% record (da dieci anni) su Corso Buenos Aires si è raggiunto il 25%. Sono dati eloquenti. Che confermano la nostra petizione, ignorata dalla scorsa giunta, per una pista ciclabile lungo tutto il corso. E non intendiamo mollare: anche nel 2012 porteremo avanti la nostra battaglia. Non solo partecipando alle domeniche senza auto. Ma anche mantenendo attivo il nostro obbiettivo della pista ciclabile e dei posteggi su misura per le biciclette. La partita per noi è solo cominciata".
Dai buoni propositi ai progetti concreti però la strada è lunga. Specie con un Comune in evidente affanno finanziario. Finchè si parla di domeniche a piedi (o persino di week-end) i costi sono tutto sommato contenuti: vigilanza urbana per transennare le vie che tagliano il corso (salvo i maggiori attraversamenti) e tasse di occupazione del suolo pubblico (marciapiedi). E qui i promotori propongono al comune l’uso di cooperative di volontari per le transenne e uno sconto al 20% della tassa.
Ma è sul progetto più ambizioso, della pedonalizzazione permanente che la cautela è d’obbligo a Palazzo Marino. Rifare la viabilità su uno dei grandi assi della metropoli Milano non è infatti uno scherzo. E l’uso della congestion charge ,appena varata, potrebbe limitare, ma non certo eliminare il traffico. Eppure dal comitato Venezia-Buenos Aires viene un’offerta: "Siamo pieni di gente che dicono: organizziamo e paghiamo _ conclude Uguccioni _ Piazza Lima chi l’ha rifatta, del resto? L’Hotel Galles, Ingegnoli e la Banca Lombarda. Costò 550 milioni di nuovo arredo urbano. E in pochi anni era nuova".
Giuseppe Caravita